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Il Chelsea e la Premier insegnano che il tifoso è ormai considerato solo un parassita (Guardian)

Mai viste così tante contestazioni alle proprietà nel calcio inglese, ma per Boehly e compagni il tifoso scontento è solo cliente pagante che può andarsene quando vuole

Il Chelsea e la Premier insegnano che il tifoso è ormai considerato solo un parassita (Guardian)
Chelsea's US owner Todd Boehly looks on ahead of kick off in the English Premier League football match between Chelsea and Manchester United at Stamford Bridge in London on October 22, 2022. (Photo by Glyn KIRK / IKIMAGES / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE. No use with unauthorized audio, video, data, fixture lists, club/league logos or 'live' services. Online in-match use limited to 45 images, no video emulation. No use in betting, games or single club/league/player publications.

Jonathan Liew sul Guardian usa il Chelsea come un caso di scuola su cosa è diventato il rapporto tra le proprietà dei club e i tifosi. Con tutta l’ironia del caso scrive che “i tifosi del Chelsea rimangono sconcertantemente privi di gratitudine verso una proprietà che gli ha regalato zero trofei, nessuna qualificazione alla Champions League, una finale di Coppa di Lega, più di 1 miliardo di sterline spese in trasferimenti, una faida sulla proprietà e il primo aumento del prezzo dei biglietti in 13 anni”. Ma come, scrive, “ragazzi: non vi rendete conto che Todd e Behdad Eghbali hanno intrapreso un percorso di apprendimento? Non vi rendete conto di quanto sia difficile spendere 1 miliardo di sterline in un’era di regole di profitto e sostenibilità?”

E’ fenomeno generale. Il Chelsea “non fa che sottolineare la fragilità del contratto tra proprietà e tifosi. Un club che è sempre a sei risultati negativi di distanza dalla rivolta aperta non è – secondo la definizione più generosa – un club sano o funzionale. Piuttosto, ciò che sembra essersi radicato qui è una specie di malattia endemica, un caso grave di Long Chelsea, una disconnessione e una divisione che sembra permanente, o almeno insostenibile. Questi sono problemi che non sono strettamente limitati al Chelsea. I tifosi degli Spurs, del Reading e dello Sheffield Wednesday sono tutti scesi in piazza nelle ultime settimane per protestare contro i loro consigli di amministrazione. In effetti, se si estende la cronologia agli ultimi anni, la stragrande maggioranza dei club della lega inglese ha probabilmente assistito a qualche tipo di azione diretta contro la propria proprietà. Questa è, sotto ogni punto di vista, un’era di disordini e repulsione senza precedenti nel calcio inglese e, sebbene i fattori scatenanti e le cause possano variare, c’è un filo conduttore comune che attraversa tutto”.

E sarebbe? Secondo Liew, l’ha detto più volte proprio Boehly, perché lui ha “la capricciosa abitudine di dire ad alta voce la parte che la maggior parte dei proprietari è felice di tacere. Vale a dire, che i tifosi sono essenzialmente i parassiti dell’impresa, con l’implicazione che chiunque sia scontento della direzione di marcia è semplicemente un cliente pagante benvenuto a portare la propria attività altrove”.

“Boehly non ha mai nascosto la sua intenzione di sfruttare il potere della fanbase globale del Chelsea, per trasformarla in un prodotto digitale fungibile che a volte capita di giocare nella zona ovest di Londra. Dove si colloca il tifoso che va a vedere le partite in questa visione? In che misura il Chelsea è ancora un club locale, un bene della comunità? Solo come slogan da mettere su una maglietta, una bella storia da raccontare ai turisti, un ornamento del prodotto, ma mai il prodotto in sé”.

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