Al Giornale racconta la sua “Vita rovesciata”: «Il calcio è lo sport più bello del mondo. Però a certi livelli devi stare attento. Ti fa vivere delle emozioni pazzesche, che sono anche pericolose»

Il Giornale ha intervistato oggi Francesco Flachi classe 1975, che ha vestito la maglia di Fiorentina, Bari, Ancona, Samp, Empoli e Brescia, prima di essere squalificato per 12 anni. Positivo alla cocaina. È uscita la sua autobiografia “Una vita rovesciata”
Lei era famoso per la rovesciata…
«La metafora della mia vita.La rovesciata mi faceva sentire diverso. A me piaceva sentirmi diverso. La rovesciata è istinto, non è pensiero. L’istinto ti fa fare cose bellissime e tante stupidaggini. Quando arriva la palla e sei spalle alla porta, non hai il tempo di pensare. Ti alzi in volo e tiri».
Stava nell’Olimpo del calcio. Era considerato una promessa alla stregua di Del Piero, poi però la sua vita si è rovesciata.
«Sì, era il 2006 e giocavo nella Samp. In alcune intercettazioni veniva fatto il mio nome sulle scommesse. Ma io non ho mai scommesso. Mi hanno intercettato il telefono per mesi, non è uscito niente che mi incolpasse. Io ero innocente».
E però la squalificarono
«Due mesi di squalifica».
Come laprese?
«Malissimo. Ero appena entrato nel giro della Nazionale. La squalifica mi costò molto. E iniziai a usare la cocaina».
Non lo aveva mai fatto?
«Sì, ma in poche occasioni, alle feste. Mai dentro il calcio».
Quella squalifica ha contribuito a far diventare la cocaina una dipendenza?
«Ho reagito nel modo più stupido a un’ingiustizia. So di avere sbagliato. Ero convinto di saper gestire quella“roba”. E invece mi travolse»
Poi il ritorno al calcio all’Empoli e una nuova squalifica per la coca, due anni.
Come è uscito dalla droga?
«Ne esci quando arrivano le belle notizie e cambia l’umore».
Quale era la bella notizia?
«Mio figlio tra le braccia. Quella è stata la svolta vera. E poi il ritorno al calcio. Prima a Empoli, poi a Brescia».
Poi l’abbandono al calcio
Il calcio le manca?
«Moltissimo. È lo sport più bello del mondo. Però a certi livelli devi stare attento. Ti fa vivere delle emozioni pazzesche, che sono anche pericolose. L’adrenalina, l’entusiasmo della folla…Può farti sbarellare».
Nell’ottobre scorso è stato colpito da un in farto.
«Ero a Genova, ero a casa. Allora allenavo il Rapallo. Però fumavo due pacchetti di sigarette al giorno. Mi sentii non tanto bene. Credevo di avere un problema di stomaco. Sentivo dei dolori al petto, ma duravano pochi minuti.È andato avanti tre giorni. Al quarto giorno, la sera, esco per andare dal tabaccaio e sento proprio il petto che prende fuoco. Provo a camminare. Non passa. Entro in un bar per bere una Coca Cola. Penso sempre a una congestione. Non passa. Torno a casa, mi stendo, non passa. Busso alla vicina e le chiedo se chiama la guardia medica. Lei chiama l’ambulanza. L’infermiere mi fa l’elettrocardiogramma e mi dice: “Questo è infarto”. Mi fa una flebo e mi passano i dolori. Arriviamo all’ospedale, ringrazio, e dico:“Chiamo un taxi per tornare a casa”. L’infermiere mi risponde:“No, in sala operatoria e pure in fretta…”.Vena ostruita. Mi è andata bene».
Ha smesso di fumare?
«Le devo dire la verità? No».