È finito il tempo in cui i calciatori avevano un solo ruolo. È dinamico, ha intelligenza tattica. Altrimenti Conte non avrebbe inventato il doppio play

Un bias cognitivo
Fino a qualche giorno fa, la stagione e quindi la percezione di Billy Gilmour al Napoli erano state viziate da una sorta di bias cognitivo: quello per cui ogni calciatore abbia un solo ruolo, predefinito e immutabile, e allora il centrocampista scozzese era arrivato per giocare esclusivamente da regista, per essere il backup di Lobotka, per dare ordine alla sua squadra dettandole i tempi di gioco. Questa, però, è solo una parte del profilo di Gilmour. Con Gilmour, riguardo a Gilmour, bisogna pensare in maniera diversa. Bisogna ragionare andando al di là dei compartimenti stagni.
Certo, nel caso specifico – quello di Gilmour e del Napoli – sono successe un po’ di cose che hanno finito per alimentare questo bias: Conte ha cominciato la stagione con Lobotka e Anguissa davanti alla difesa nel 3-4-3, poi è passato al 4-3-3 con l’inserimento di McTominay e ha utilizzato Gilmour solo come sostituto di Lobotka quando il centrocampista slovacco è rimasto fuori per infortunio. Lo stesso Gilmour, poi, ha una fisicità compatta, delle movenze sinuose – non come quelle di Lobotka, va bene, ma è sicuramente più elegante di McTominay – e una naturale tendenza a organizzare il gioco.
Come dire: a guardarlo, Gilmour dava e dà l’impressione di essere un regista duro e puro. Un regista per come lo intendiamo noi italiani, tra l’altro: rispetto a Lobotka, infatti, lo scozzese fa meno percussioni palla al piede, fa girare la squadra muovendo la sfera più che il proprio corpo, è anche più bravo nel fondamentale del lancio lungo.
Il Napoli di Gilmour
Il punto, però, è che ci siamo fermati a queste prime impressioni. O meglio: di fatto, schierando sempre il trio Lobotka-Anguissa-McTominay, Conte ci ha impedito di conoscere l’altra faccia di Gilmour. Una faccia diversa, che va ben oltre la definizione di regista-e-basta. È un discorso di fisico, di fiato, di intelligenza tattica: magari lo scozzese ex Brighton non sarà una mezzala creativa – uno come Zielinski, per intenderci: il tipo di giocatore che in questo momento manca alla rosa del Napoli – ma può essere considerato come un centrocampista dinamico. Un incursore, avrebbero scritto i giornalisti degli anni Ottanta.
Per capire cosa intendiamo, basta guardare a come – e a quanto – Conte abbia investito su Gilmour quando si è ritrovato a dover immaginare e costruire un Napoli senza Anguissa. Intanto lo scozzese si è preso lo slot che sembrava destinato a Billing, a maggior ragione dopo la buona prestazione del danese a Como. Ma soprattutto, ed è questa la parte più interessante, l’ex allenatore del Tottenham ha disegnato un nuovo sistema di gioco, una sorta di 4-2-1-3 asimmetrico in cui Gilmour è assoluto protagonista. Quando c’è da attaccare, ma anche quando c’è da difendere.
Pressing
Nelle partite contro Inter e Fiorentina, Gilmour è stato utilizzato come terzo attaccante in fase di pressing. Nel senso che era lui, partendo dal mezzo spazio di centrodestra, ad attaccare il terzo centrale – Bastoni e Ranieri – quando gli avversari iniziavano a imbastire la manovra. Come detto in precedenza, è una questione di fisico, di corsa, di fiato: Gilmour ha una struttura fisica molto diversa rispetto a quella di Anguissa, più brevilinea, più rapida. Conte può chiedergli di aggredire in alto i portatori di palla e poi di rientrare velocemente a centrocampo. E infatti glielo chiede, glielo ha chiesto. Risposta: nella partita contro la Fiorentina, Gilmour è stato il giocatore del Napoli che ha corso di più (13.021 chilometri) in assoluto.
In questi due frame, Gilmour è il giocatore più largo a destra, in pressing su Bastoni (in alto) e su Ranieri (sopra)
Con Gilmour titolare al posto di Anguissa, il Napoli magari perde fisicità pura a centrocampo e nell’area di rigore avversaria. Ma guadagna in velocità e quindi in intensità del pressing. Di conseguenza, Conte può ordinare alla sua squadra di essere più aggressiva, più ambiziosa dal punto di vista difensivo. E anche di accentuare i duelli uomo su uomo. Per gli azzurri si tratta di una novità importante, così come è importante sottolineare che Conte abbia implementato – o comunque lavorato più accuratamente su – certi concetti a metà marzo, cioè a stagione più che inoltrata. Quando le certezze tattiche ormai sono sedimentate, cristallizzate, e invece il Napoli è una squadra ancora in evoluzione.
Costruzione
La trasformazione di Conte e l’inserimento di Gilmour hanno portato anche a un cambio di schieramento in fase di possesso. Il Napoli, sia contro l’Inter che contro la Fiorentina, ha costruito gioco con il doble pivote. E cioè con Lobotka e Gilmour schierati davanti ai due centrali difensivi Rrahmani e Buongiorno. Anche guardando a questo aspetto ci sono dei numeri interessanti: contro la Fiorentina, Gilmour ha toccato più palloni (71) rispetto a Lobotka (61). E ha avuto anche una maggiore precisione nei passaggi (87%) rispetto allo slovacco (82%).
Attenzione: quest’ultimo dato non va solo letto, va interpretato. Perché la presenza di Gilmour è come se avesse “liberato” un po’ Lobotka. Nel senso: non bisogna pensare che Lobotka abbia perso la leadership, il comando del Napoli, piuttosto bisogna riflettere sul modo in cui la squadra azzurra risale il campo. Con il doble pivote e con Gilmour, i centrali e i terzini hanno un’ulteriore opzione per scaricare la palla; di conseguenza, Lobotka può anche muoversi in avanti, può sfruttare la sua capacità di attraversare i corpi degli avversari, di penetrare le linee nemiche con la palla attaccata al piede. Per capirci: com’è successo in occasione del gol di Billing contro l’Inter.
No, non è il gol di Billing
Sopra c’è invece il gol realizzato da Raspadori contro la Fiorentina. E in questa azione è Gilmour a proporsi, a supportare e ad affiancare gli attaccanti nella risalita del campo. Ecco, in questo breve video si vede l’altra faccia di Gilmour, quella che non conoscevamo e che finora era rimasta nascosta: quella del centrocampista che sa muoversi ed essere determinante anche nella metà campo avversaria, che ha la lucidità e la qualità per imbucare bene il pallone e trovare Lukaku.
Naturalmente anche Anguissa e McTominay sono in grado di giocare in questo modo, sia con la testa che con i piedi. Il punto è che da Gilmour, per via del bias cognitivo di cui abbiamo parlato all’inizio, non ci aspettavamo un’azione del genere. Non ci aspettavamo che potesse rendere, di fatto, anche in funzione di mezzala. E invece Conte in qualche modo ci ha sorpreso, ha preferito lo scozzese a Billing e ha cambiato il Napoli in funzione di questa scelta.
Lavorare sui giocatori, ampliare le possibilità
Una scelta, appunto: Gilmour al posto di Anguissa (e anche al posto di Billing) deve essere considerata come una masterclass, l’ennesima, di Antonio Conte. Non sappiamo – perché non possiamo sapere – come sia andata esattamente nel centro sportivo di Castel Volturno, ma è facile immaginare che l’allenatore del Napoli abbia provato Billing nel 4-3-3/3-5-2, l’abbia schierato a Como e dopo si sia messo a immaginare qualcosa di diverso. Partendo da un’idea sulla quale probabilmente rimuginava da tempo, ovvero quella di giocare con due centrocampisti centrali e non con un pivote e due mezzali. Il fatto che questa idea si sia materializzata in occasione della partita più importante dell’anno, quella contro l’Inter, fa pensare che non si sia trattata di un’improvvisazione. Di un’intuizione fulminante.
Proprio qui, in questo punto, si manifesta la masterclass – e quindi la grandezza – di Conte. L’allenatore del Napoli non ha mai smesso di lavorare sui giocatori e quindi sul miglioramento potenziale del suo sistema, della sua squadra. Nel caso specifico, Conte non si è solo limitato a vedere ciò che chiunque altro non avrebbe potuto vedere, ovvero che Gilmour poteva essere schierato anche accanto a Lobotka, non solo al posto di Lobotka: ha anche fatto in modo che questo cambiamento potesse realizzarsi, a livello di tattica individuale – cioè educando lo scozzese a certi compiti e a certe attribuzioni – ma anche collettiva – nel senso che il Napoli visto contro Inter e Fiorentina era una squadra mai vista prima, ok, eppure ha giocato in modo fluido ed efficiente.
È in questo modo che gli allenatori ampliano le loro stesse possibilità. E lo fanno senza ricorrere al calciomercato, ai nuovi acquisti, passando dal lavoro sul campo. Certo, bisogna anche essere in grado, bisogna saperlo fare. In questo senso, Conte è stato sempre raccontato come un tecnico esigente e anche dogmatico, per cui avere determinati calciatori – sempre e solo quelli, sempre gli stessi – era fondamentale. Ecco, non è mai stato così. E infatti anche a Napoli Conte ha fatto di necessità virtù. L’ha fatto in diverse occasioni, in tanti modi diversi. Il fatto che l’abbia detto chiaramente, usando queste esatte parole, è una conferma inequivocabile.
Conclusioni
Ciò che resta è che adesso, molto banalmente, il Napoli affronterà le ultime dieci gare di campionato con una soluzione in più. Pensateci: nel caso in cui Anguissa non dovesse rientrare nei tempi stabiliti, nel caso in cui Anguissa dovesse farsi male di nuovo durante una delle prossime partite, nel caso in cui Billing non fosse disponibile, nel caso in cui McTominay dovesse essere squalificato, Conte potrà contare su Gilmour. Potrà raccogliere i frutti della sua stessa semina. Lo stesso discorso vale per Raspadori finto esterno/seconda punta, per Politano esterno largo a destra. Sono tutte intuizioni/invenzioni che il tecnico ha implementato strada facendo, a cui ha fatto ricorso nelle ultime partite. Che sia per affrontare l’emergenza-infortuni che per il gusto di cambiare il Napoli, questo non importa.
L’intuizione relativa a Gilmour, però, è ancora più importante. Perché ha portato e porterà il giocatore a valorizzarsi, sia dal punto di vista tecnico che come asset economico della Ssc Napoli. In fondo stiamo parlando di un ragazzo di 23 anni che fino a due settimane fa era solo e soltanto l’ombra di Lobotka, e invece oggi è una parte importante di una squadra in lotta per vincere lo scudetto. Stiamo parlando di un regista ma anche di un centrocampista incursore in grado di fare molte cose, di farle bene. Il fatto che Conte abbia messo in luce tutto questo, anche la parte buia della sua luna, è un dono prezioso: per il giocatore, per se stesso, per il Napoli. Quello del presente e quello del futuro.