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Andrea Agnelli avrebbe spiegato a Motta cosa significa allenare la Juve (Gazzetta)

Lo Stadium che inneggia a Massimiliano Allegri inchioda Thiago Motta di fronte al più grande dei suoi errori: sono passati otto mesi e non ha ancora capito dove si trova

Andrea Agnelli avrebbe spiegato a Motta cosa significa allenare la Juve (Gazzetta)
Db Bologna 30/04/2023 - campionato di calcio serie A / Bologna-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Thiago Motta-Massimiliano Allegri

La Gazzetta ha mollato gli ormeggi e finalmente tratta Thiago Motta come una grande delusione. Così come lo è la nuova Juventus. Per la precisione lo fa il giornalista Olivero che non può far altro che constatare, in definitiva, che non esiste più la Juve di Agnelli dove “vincere è l’unica cosa che conta”. Adesso ci sono Motta, Giuntoli, una rosa di ragazzi con poca personalità nonostante siano costati tantissimo.

Dopo otto mesi Motta non ha ancora capito dove si trova

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Olivero comincia scrivendo dei cori per Allegri domenica sera dopo la batosta contro l’Atalanta:

Il coro nostalgico con cui i tifosi della Juve hanno abbandonato lo Stadium domenica sera inneggiando a Massimiliano Allegri non nasconde la speranza di una restaurazione: anche il più accanito degli allegriani è consapevole che quel ciclo fosse ormai finito e non vale la pena adesso rivangarne i motivi. Però quello spontaneo sguardo al passato inchioda Thiago Motta di fronte al più grande dei suoi errori: sono passati otto mesi dal raduno e non ha ancora capito dove si trova. Del suo predecessore si possono dire tante cose, buone o cattive, ma su un punto c’è unanimità: incarnava perfettamente il dna bianconero.

Il celebre motto (“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”) racchiude il modo in cui il tifoso segue le vicende della squadra: se vinci, nessuno fa le pulci al gioco (anche perché, diciamocelo: non ci sono squadre vincenti che giocano male, al massimo non sono divertenti); se perdi, anche il gioco ti verrà rinfacciato. Thiago Motta ha la presunzione di chi sembra destinato (attenzione, non predestinato: ci vuole sempre una robusta dose di lavoro e applicazione per migliorare) a una brillante carriera e quindi non è andato a scuola di juventinità, non ha curato la comunicazione e ha deciso di conquistare il nuovo ambiente con la forza della sua proposta tecnico-tattica. Gli è andata male e adesso rischia di diventare l’ennesimo rivoluzionario della storia della Juve deposto in fretta come Maifredi e Sarri, per citare i due casi più eclatanti“.

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L’assunto di base è che, per quanto Giuntoli e Motta potessero essere tifosi della Juventus fin da piccolini, nessuno di loro due conosce il dna bianconero. 

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La dirigenza ha lasciato solo l’allenatore

Una figura come quella di Giorgio Chiellini non gli andava proposta, ma imposta: sarebbe stato un tutor prezioso. Ma d’altronde alla Juve non ci sono uomini di calcio nelle posizioni apicali, sopra Cristiano Giuntoli. Manca la conoscenza del pallone e delle dinamiche del Palazzo. Negli ultimi anni la Juve ha perso anche peso politico. […] E i tifosi, che sono attenti a tutto, sognano e auspicano l’acquisizione della società da parte di Andrea Agnelli, che, al netto dei noti errori, ha dimostrato di tenere molto al club e di difenderlo in ogni sede. Sicuramente più del cugino. E che avrebbe spiegato a Motta cosa significa allenare la Juve“.

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