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Nakamura ricorda Mazzarri (e la sua premura): «Comunicavamo a gesti, da lui ho imparato molto»

Alla Gazzetta: «Foti mi si avvicinò e mi mise in mano la numero dieci della Reggina. Io ero un ragazzino, la Serie A era una sorta di Eldorado… poi iniziò a parlare in italiano. Non capivo niente».

Nakamura ricorda Mazzarri (e la sua premura): «Comunicavamo a gesti, da lui ho imparato molto»
Napoli's Italian head coach Walter Mazzarri reacts during the UEFA Champions League 1st round day 6 Group C football match Napoli vs Sporting Braga at the Diego Armando Maradona stadium in Naples on December 12, 2023. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Shunsuke Nakamura ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, in cui si è soffermato su molteplici argomenti. Oltre a parlare della sua esperienza alla Reggina in generale (ha vestito amaranto tra il 2002 e il 2005), l’ex calciatore giapponese si è soffermato anche sul rapporto con Walter Mazzarri, tecnico che proprio durante la sua parentesi in Calabria lo ha aiutato ad inserirsi al meglio nel calcio italiano.

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«L’ho avuto nel 2004-2005, l’ultimo anno a Reggio. Comunicavamo a gesti o con scritte sui fogli», ha esordito Nakamura ai microfoni della Rosea. «Ma grazie a lui ho imparato molto», ci ha poi tenuto a sottolineare. Chiamato invece a raccontare di qualche aneddoto in particolare, il 46enne di Yokohama ha rivelato: «Gesticolava un sacco, poi mi chiedeva se stessi bene, come mi trovassi a Reggio, se in famiglia fosse tutto ok».

Insomma, sembrerebbe che Mazzarri ci tenesse giusto un po’ ad assicurarsi che il suo pupillo fosse nelle giuste condizioni per rendere al meglio la domenica.

Nakamura alla Reggina

Nakamura, la Reggina in un flash? «Facile: il presidente Foti». Cosa la colpì all’epoca? «Lo vidi per la prima volta in Giappone. Era il 2002. A un certo mi si avvicinò e mi mise in mano la numero dieci della Reggina. Io ero un ragazzino, la Serie A era una sorta di Eldorado… poi iniziò a parlare in italiano. Non capivo niente». Ci ha raccontato che le disse qualcosa in dialetto calabrese. «Non so, non capivo, ma fu convincente. Sono molto affezionato a lui. Ricordo riunioni in cui entrava in sala stampa o nello spogliatoio e iniziava a parlare ad alta voce. Lo faceva per spronarci. A volte succedeva anche all’intervallo»

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