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Orsato: «Dopo una partita, mi è stata assegnata una scorta. Nella tempesta c’erano mia moglie e i miei due bimbi piccoli»

Al Corriere del Veneto: «Nelle categorie inferiori l’ arbitro è un uomo solo. In quei campetti le offese hanno un peso maggiore di quello che accade in Serie A»

Orsato: «Dopo una partita, mi è stata assegnata una scorta. Nella tempesta c’erano mia moglie e i miei due bimbi piccoli»
Francoforte (Germania) 01/07/2024 - Euro 2024 / Portogallo-Slovenia / foto Image Sport nella foto: Daniele Orsato

Il Corriere del Veneto intervista Daniele Orsato, ex arbitro di Serie A e oggi Commissario dello sviluppo e del talento arbitrale, per parlare di violenza contro arbitri e direttori di gara. L’ultimo caso è avvenuto in Veneto, “dove una giovane arbitra di basket, appena diciottenne, Alice Fornasier, è stata pesantemente insultata da una spettatrice durante una partita a Motta di Livenza“.

«Ogni settimana mi capitava di incontrare arbitri che erano stati vittime di giocatori o dirigenti di società che li avevano aggrediti negli spogliatoi o di tifosi che li avevano aspettati fuori dallo stadio».

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Orsato: «Nelle categorie inferiori l’ arbitro è un uomo solo»

Nelle categorie inferiori ci vuole coraggio a fare l’arbitro?
«Nelle categorie inferiori l’ arbitro è un uomo solo e di questo dovrebbero tener conto tutti. Le parole nei campi di periferia sono macigni, le decisioni non sono facili. In quei campetti le offese verso un arbitro hanno un peso molto maggiore di quello che accade in serie A».

Lei cosa si sente di dire a quelle frange di tifosi che attaccano giovani arbitri?
«Pensate a quei ragazzi e a quelle ragazze come se fossero i vostri figli».

«Penso che siano soprattutto le famiglie a doversi impegnare di più. Oggi, in molti casi, entrambi i genitori lavorano, e a volte le difficoltà economiche o la mancanza di tempo generano tensioni che, inevitabilmente, ricadono anche sui figli. Per questo è fondamentale stargli vicino».

Lei nel suo nuovo ruolo cosa insegna agli arbitri?
«Essenzialmente tre cose: che l’esperienza sul campo ti aiuta prendere decisioni; che bisogna assumersi delle responsabilità ed oggi molti ragazzi sfuggono da questo aspetto; infine che c’è anche la possibilità di divertirsi e questo arriva dalle soddisfazioni».

Tanti anni a fischiare falli, fuorigioco ed espulsioni. C’è stato un episodio da cartellino rosso nella sua vita?
«Sicuramente il momento più difficile è stato quando, dopo una partita, mi è stata assegnata una scorta. Sette giorni di sorveglianza per me e la mia famiglia. Un arbitro sa di dover affrontare contestazioni, fa parte del gioco, ma quella volta era diverso: non ero solo io al centro della tempesta, c’erano di mezzo mia moglie e i miei due bambini piccoli. Il calcio dovrebbe essere passione, competizione, ma mai paura. Ecco, queste cose non dovrebbero accadere nel mondo dello sport. Perché quando il dissenso supera il confine del campo e diventa minaccia, significa che abbiamo smarrito il senso più autentico del gioco».

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