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“Il giornalismo tifoso è la morte del giornalismo, ormai è tutto bar sport”. Date il Premio Pulitzer a Relevo

Strepitoso pezzo sul derby di Madrid: “Il giornalismo non dovrebbe dare ciò che “saltimbanqui78″ scrive su X. […] Tutto ridotto a quel rigore. Ci si urla solo addosso”

“Il giornalismo tifoso è la morte del giornalismo, ormai è tutto bar sport”. Date il Premio Pulitzer a Relevo

Relevo analizza la situazione del giornalismo spagnolo. Un’analisi che, in verità, potrebbe essere stesa anche al panorama italiano. “Non so se il giornalismo sportivo spagnolo stia attraversando un’epoca d’oro, ma ho la sensazione che oggi ci siano più giornalisti sportivi che mai, che lottano per attirare l’attenzione con il loro lavoro“, scrive Guglielmo Ortiz.

Al collega spagnolo non è piaciuta l’onda lunga che ha seguito Atletico Madrid-Real Madrid. Tutta la questione del rigore di Alvarez, “in quarantotto ore ho già visto quattrocento video da quattrocento angolazioni del rigore. Sembra che non sia successo altro nei duecentodieci minuti“.

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L’appello di Relevo al giornalismo spagnolo: “Non parlate con il cuore del tifoso”

Nessuno che abbia notato che l’Atletico “non avrebbe vinto comunque la partita, visto che Marcos Llorente ha colpito la traversa con il suo rigore“. E invece via con quel complottismo,  “succede sempre alle stesse persone”, “Florentino ha detto ai ragazzi della Sala Var…”, “lo spirito della legge non dice questo…”, tutte cose di cui “si può discutere al bancone di un qualsiasi bar“.

Le parole di Ortiz si rivelano quasi didascaliche ma necessarie. “Un analista sportivo dovrebbe spiegarmi la regola o informarmi al riguardo – cosa che quasi nessuno ha fatto. Tutto il resto è rumore… e noi abbiamo un sacco di rumore“.

Nessuno che vada nelle pieghe della partita. Tutti a dire che “Simeone non è stato coraggioso”.  Ogni volta che Simeone sfida il Real è sempre la stessa solfa. “Si fa la cacca addosso“, dicono. Ma “nessuno fornisce dati o spiega il perché, viene semplicemente ripetuto da un mezzo all’altro e basta“.

Il giornalista non può essere un tweeter“, una frase che dovrebbe essere scolpita nella pietra. “Il giornalismo non dovrebbe dare ciò che “saltimbanqui78” dà sul suo account Twitter, un social network tra l’altro alla deriva. […] non è possibile che tutti coloro che hanno deciso di associare la propria carriera al Real Madrid dicano una cosa e tutti coloro che l’hanno associata all’Atletico dicano il contrario, per poi finire per urlarsi addosso in diretta come ultras allo stadio“.

Né puoi limitarti a ritwittare le opinioni di altre persone“, continua Ortiz. “Non parlare con il cuore del tifoso. Esamina i dati, esamina la partita, cerca dove il tifoso non ha tempo di cercareE soprattutto, cerca di evitare ciò di cui parlano tutti gli altri. Ecco cosa distingue un professionista da un tweeter. Non fissatevi sui rigori e su Simeone“.

Per Ortiz, le sue parole sono come una sorta di “Tractatus di Wittgenstein” di cui riportiamo la sua frase più famosa. «Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere».

E a chi scrive, riprendendo le parole di Ortiz, piace concludere con un’altra citazione. «Ma mi spiegate perché ogni cosa che fate, quando vi schierate si trasforma in una gara a squadre, basta un attimo, fine del dibattito fra due tifoserie, che tanto le idee giuste son le mie». A dirla è Willie Peyote, quello che i più conoscono per la sua partecipazione all’ultimo Sanremo come un qualsiasi cantante radical chic.

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