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Feltri: «Pizza e spaghetti sono schifezze, i pizzoccheri sono vera cucina italiana»

Ha pubblicato un libro sulla cucina del nord. Al Corsera: “Sono un inappetente. Mangio solo due uova al giorno. Al ristorante porto una volta al mese Alberto Stasi”

Feltri: «Pizza e spaghetti sono schifezze, i pizzoccheri sono vera cucina italiana»

Vittorio Feltri s’è dato al cibo. Poco, pochissimo. E molto vegetale, ma non vegetariano. Il direttore del Giornale ha pubblicato un libro “Mangia come scrivi”, scritto con il critico gastronomico Tommaso Farina. Un libro sulla cucina del Nord. Perché – dice al Corriere della Sera – si parla solo di Puglia, Sicilia, Napoli. E pizza e spaghetti al pomodoro sono… “Tutte schifezze”.

E quindi, ecco che la cucina italiana andrebbe rappresentata dai “pizzoccheri. Sono molto buoni. Da bergamasco li ho scoperti quando il Corriere mi mandò da inviato a seguire l’alluvione in Valtellina”.

“Sono un inappetente – dice Feltri – Ho sempre mangiato cose frugali che mi servissero per il sostentamento. Sa di che cosa mi nutro ogni giorno? Un uovo a mezzogiorno e uno la sera: lo metto in un bicchiere, verso il Marsala, con una forchettina giro, infine bevo. Poi un bicchiere di latte, a pranzo e a cena. Non mangio altro, né carne né pesce. C’è un motivo sanitario che mi impedisce di mangiare il pesce: il mare è pieno delle deiezioni degli 8 miliardi di persone che abitano questa terra. I pesci vivono lì dentro. Perciò evito di mangiarli”.

“Non mi va di ammazzare gli animali. Io li amo tutti. Anche i topi. Ne ho persino allevato uno piccolino in casa anni fa, quando lavoravo al Corriere. Finivo tardi, mia moglie mi lasciava sempre qualcosa da mangiare in sala da pranzo. Una sera alzai lo sguardo, e sulla poltrona di fronte a me trovai un topolino che mi guardava: aveva gli occhietti che sembravano capocchie di spillo, mi fece simpatia. Così sminuzzai un po’ di grana e glielo portai. Per tre mesi tutte le sere, puntuale, il topolino veniva a farmi visita. Da bambino, comunque, mangiavo quello che passava il convento, poi capii: mia nonna aveva dei coniglietti, mi piacevano molto, ma lei ogni tanto ne ammazzava uno per mangiarlo. Una cosa disgustosa”.

Al ristorante ci va. E una volta al mese ci porta l’assassino di Garlasco, Alberto Stasi: “Un paio di volte al mese lo porto a Il Baretto di Milano. Lui può uscire dal carcere di giorno perché lavora come contabile in un’azienda. Quando accadde il fatto, ero il direttore di Libero, mi resi subito conto che con il delitto non c’entrava niente. Come andrà a finire? Intanto ormai questo ragazzo tra poco uscirà per fine pena. Certo gli piacerebbe che venisse riconosciuta la sua innocenza. Comunque, io ho sempre scritto di lui, anche prima delle recenti notizie. Perciò lo invito a pranzo a “Il Baretto”, è la mia seconda casa. È un locale pacato, che fa il riso al salto migliore che abbia mai mangiato. E qui mi preparano il mio uovo”.

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