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Rivera: «Oggi, con la costruzione dal basso, niente mio gol alla Germania. Facchetti l’avrebbe data ad Albertosi»

Al Corsera: «Il Milan non mi ha invitato al 125° anniversario? Cosa vuole che sappiano gli americani di storia e di calcio?»

Rivera: «Oggi, con la costruzione dal basso, niente mio gol alla Germania. Facchetti l’avrebbe data ad Albertosi»
Db Bologna 16/06/2019 - Europeo Under 21 Italia 2019 / Italia-Spagna / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianni Rivera

Rivera: «Oggi, con la costruzione dal basso, niente mio gol alla Germania. Facchetti l’avrebbe data ad Albertosi»

Si gioca Italia-Germania (domani sera a Milano l’andata, domenica sera a Dortmund il ritorno). E Il Corriere della Sera intervista Gianni Rivera che segnò il 4-3 finale nella mitologica semifinale dei Mondiali del 1970.

Dice Rivera:

«un gol come quello che ho fatto, oggi è impossibile da realizzare».

E perché mai?
«Perché oggi cominciano il gioco andando indietro invece che avanti. Con la costruzione dal basso Facchetti invece di lanciare Boninsegna sulla fascia avrebbe passato ad Albertosi».

Avrebbe potuto essere lei il ct.
«Me lo propose Tavecchio ma non avevo ancora il tesserino da allenatore. E l’associazionee allenatori mise il veto».

Non andiamo ai Mondiali dal 2014.
«Le cause sono tante ma ho l’impressione che da quando ci sono i procuratori i calciatori crescano male. Poi gli stranieri sono veramente tanti. Stavolta però non bisogna fallire»

Anche il Milan non l’ha invitata al 125° anniversario.
«Mancavano anche Maldini, Boban, Altafini… sono in buona compagnia. Certo il Milan senza la sua storia non è il Milan. Ma cosa vuole che sappiano gli americani di storia e di calcio?».

Rivera: «A Gigi Riva non è andato giù che ho alzato il Pallone d’Oro a Cagliari»

L’ex calciatore Gianni Rivera ha parlato a La Stampa del suo ex compagno di Nazionale Gigi Riva in seguito alla sua scomparsa. Hanno vinto insieme l’Europeo del 1968 e hanno vissuto la partita dei Mondiali 1970 Italia-Germania 4-3.

Qual è il primo ricordo che ha di Riva?

«Gigi era una persona seria, perbene, capace, una di quelle che tirano fuori il meglio di sé e degli altri. E poi coprivamo due ruoli diversi in campo, niente staffette e alternanze, quindi il compagno ideale».

Sarebbe stato ritenuto più grande se avesse lasciato il Cagliari o il mito ci avrebbe perso?

«Lui era straordinario e sarebbe stato grande ovunque. Ha scelto di esserlo a Cagliari per amore. Quelli erano anni in cui essere bandiere veniva spontaneo: c’era senso di identità con la propria squadra e di convivenza con i tifosi».

Cosa aveva di speciale Gigi Riva?

«Piede, potenza, determinazione. E poi era un uomo squadra. Fuori dal campo non ci frequentavamo, era difficile strappargli parole. Abbiamo condiviso tante giornate insieme, l’ho sempre considerato un amico anche se non uno di quelli a cui racconti tutti i fatti tuoi. Parlavamo in genere dei nostri avversari, degli allenatori, o della Serie A».

Nel 1969 lei vinceva il Pallone d’Oro e lui arrivò secondo…

«Secondo me gli è andato di traverso che l’ho alzato a Cagliari, a casa sua. Almeno lo ha visto da vicino».

Cosa è rimasto a voi di Italia-Germania 1970?

«La finale persa contro il Brasile. Quella partita è patrimonio collettivo, eppure per chi se l’è giocata c’è la frustrazione che l’epica vissuta non sia servita a nulla. Anche Gigi la pensava così».

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