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Tullio De Piscopo: «Andamento lento? Il titolo lo rubai a un tassista romano» (Repubblica)

«Con Pino Daniele risate alla crime quando ci truccavamo da donne e facevamo le sceneggiate nei trasferimenti in pullman»

Tullio De Piscopo: «Andamento lento? Il titolo lo rubai a un tassista romano» (Repubblica)
Db Milano 01/10/2011 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Tullio De Piscopo

Tullio De Piscopo: «Risate alle lacrime con Pino Daniele truccato da donna. Andamento lento? L’idea fu di un tassista romano»

Repubblica, con Carmine Saviano, intervista Tullio De Piscopo che staserà sarà a Napoli, in piazza del Gesù, al concerto per ricordare Pino Daniele morto dieci anni fa.

«Il primo che mi ha parlato di Pino Daniele è stato papà». (Lo racconta è nello splendido e ahinoi introvabile primo documentario su Pino Daniele realizzato da Raidue, nulla a che vedere con quello successivo)

Cosa le disse suo padre?
«Era il 1977, una domenica: il giorno delle telefonate, vivevo a Milano e le interurbane costavano di meno. Aveva visto questo ragazzo a Senza retesulla Rai. “Ti somiglia, ma è più diretto”, ci tenne a specificare».

Più diretto?
«Aveva avuto il coraggio di dire che Napoli era anche una “carta sporca”, di scrivere Maronna mia,una canzone su uno scippo».

Lei come reagì?
«Mi fidavo ciecamente del giudizio di mio padre. Appuntai mentalmente il nome di questo Pino Daniele».

Vi siete divertiti insieme?
Tullio De Piscopo: «Piango ancora dalle risate quando ripenso agli spostamenti in pullman durante i tour».

Cosa succedeva?
«Si viaggiava di notte, ci si annoiava. E immancabile partiva il momento della sceneggiata. Ci truccavamo da donne e recitavamo a braccio. Pino faceva sempre lo stesso personaggio: donna Concetta. Risate fino alle lacrime».

Più alti o bassi nella sua carriera?
Tullio De Piscopo: «I momenti bassi sono stati tosti. Ma non ho mai ringhiato contro gli altri. Ho aspettato che tornasse la musica. Mi ritiravo, stavo da solo. Me ne andavo a dormire».

Tra i momenti alti mette “Andamento lento”?
«Quella canzone è il verde della speranza… anche della speranza di fareuna cosa di soldi, eh!».

Ne ha fatti.
«Ho sistemato un po’ di cose. Ma lì c’è anche un po’ di risentimento».

Cioè?
«Non mi volevano far scrivere il testo. Mancavano 36 ore alla consegna della canzone e non c’era una parola. Il titolo lo rubai a un tassista romano. C’era traffico: “A Roma è tutto n’andamento lento”. Pensai: eccoci qua».

Il resto delle parole?
«Ci accordammo: per 400mila lire mi avrebbe portato a Napoli, via litoranea. Arrivarono le “onde libere”, le “risonanze nere”. Ci fermammo a Santa Lucia, gli offrii una pizza». 

Tullio De Piscopo: «Con Pino Daniele siamo arrivati ad un pubblico vasto e lo abbiamo educato» (La Stampa, sei anni fa)

Oggi sono sei anni da quando Pino Daniele non c’è più. La Stampa lo ricorda con un’intervista a Tullio De Piscopo che ha condiviso con lui anni di carriera e successi.

Insieme hanno lavorato a Vai mo’, nel 1981.

«È stato un incontro che poteva succedere solo in quel mese, in quell’anno. I provini di Vai mo’, dalle undici di sera alle cinque del mattino, sono stati il primo atto di un album che ha lasciato segni indelebili».

Racconta la gestazione dell’album, il loro incontro, la contaminazione delle opere e delle tendenze musicali.

«Quando ci siamo incontrati è scattata la magia. A partire da Vai mo’ agli album successivi, da Bella ‘mbriana a Common Ground, Pino ha messo al posto giusto le influenze musicali che avevo maturato. La contaminazione nella musica è un aspetto prezioso, perché porta a intrecciare i vari linguaggi per creare qualcosa di bello e nuovo. Il nostro merito è stato di creare una musica che non era di difficile ascolto ma era istruttiva, poiché scaturiva da tanto studio. In questo modo siamo riusciti ad arrivare a un pubblico vasto e ad educarlo allo stesso tempo».

L’eredità più preziosa lasciata da Pino? De Piscopo risponde:

«Pino ha descritto Napoli in una maniera in cui non era mai riuscito nessuno, con tanta ironia e verità. E Napoli ha influito molto nei testi dei suoi brani, a partire dall’avergli offerto un dialetto che, un po’ come l’inglese, è tronco e favorisce la musicalità delle parole. Pensiamo al testo struggente e intimo di una canzone come Sulo pe’ parlà, accompagnata da una melodia che potrebbe essere una ballad jazz suonata da Miles Davis».

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