ilNapolista

Galderisi: «Trapattoni voleva rimanessi umile. Berlusconi mi disse: “Se vieni al Milan, vinceremo tutto”»

Alla Gazzetta: «Parlò con me e Donadoni, devo dirlo: tutto quello che ci prefigurò, si è avverato. Nella mia Juve ti insegnavano a stare al mondo, Boniperti mi parlava come un padre».

Galderisi: «Trapattoni voleva rimanessi umile. Berlusconi mi disse: “Se vieni al Milan, vinceremo tutto”»
Screenshot da YouTube

L’ex attaccante Giuseppe (“Nanu”) Galderisi ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport raccontando aneddoti della sua carriera.

Galderisi: «Trapattoni voleva rimanessi umile. Berlusconi mi disse: “Se vieni al Milan, vinceremo tutto”»

C’è un giorno speciale in cui la sua storia ha inizio…

«14 febbraio 1981, il giorno degli innamorati. Vorrà dire qualcosa, no? Juventus-Milan 3-2, tripletta mia. Avevo diciassette anni, tre mesi prima avevo debuttato in A e qualche gol l’avevo già fatto. Quella domenica mi marcava Andrea Icardi, in raddoppio Franco Baresi e Collovati. Alla vigilia ero con la Primavera al torneo di Viareggio, mi richiamò il Trap. Sono cresciuto in una Juve dove non ti insegnavano soltanto a giocare a pallone, ma a stare al mondo. Il Trap mi diceva: “Nanu, stai schiscio” [“abbassa i toni”, ndr.], mi stimava e voleva che rimanessi con i piedi per terra».

Dove nasce Nanu?

«Era il soprannome di un mio conterraneo, Francesco Della Monica, che mi ha preceduto alla Juve, ma quando arrivai lui andò in prestito allo Junior Casale. Così i compagni cominciarono a chiamare me Nanu. Per l’altezza e perché gli somigliavo, anche nel trattare il pallone. Al mio soprannome ci sono affezionato. Se mi chiamano Nanu mi giro, se invece dicono Giuseppe mi chiedo: vogliono me?».

La chiamava Nanu anche l’Avvocato Agnelli?

«Certo, quando arrivava a Villar Perosa con l’elicottero mi voleva sempre vicino a sé. Con l’Avvocato mi sentivo tutelato e protetto».

Il suo nome è legato allo scudetto del Verona: quarant’anni fa, era il 1985…

«Il calcio per me è un album di facce. E allora vedo le facce di Bagnoli e Mascetti, i due veri artefici di quell’impresa. Persone vere, umili, leali. E poi vedo i compagni di quella squadra favolosa. Nella chat ho scritto: “Unici e per sempre. Siamo come fratelli”. Tutti fortissimi. Ed Elkjaer, un matto vero. È stato il mio compagno d’attacco ideale».

Lei è stato uno dei primi acquisti di Berlusconi

«Era l’estate del 1986, mi disse: “Se lei viene al Milan vinceremo tutto”. Aveva una visione, ha cambiato il calcio. Una sera, nel giardino di un albergo a Barcellona dove eravamo in tournée, prese sottobraccio me e Donadoni e per mezz’ora, camminando, parlò solo lui, ci spiegò perché e per come il Milan sarebbe diventata la squadra più forte del mondo. Noi ascoltavamo incantati. Devo dirlo: tutto quello che ci prefigurò poi si è avverato».

Ma lei rimase al Milan una sola stagione: le è dispiaciuto non fare parte di quella grande squadra che stava nascendo?

«Lo dico in tutta sincerità: oggi, quando mi guardo indietro, penso che tutto quello che è successo, di bello e di brutto, ha avuto un senso e ha fatto di me l’uomo che sono. Certo, sarebbe potuta essere una bella storia, ma non la mia».

Poche settimane prima aveva giocato da titolare il Mondiale in Messico…

«Bearzot puntò su di me e alla fine mi disse che avevo giocato un gran torneo. Uscimmo agli ottavi, con più fortuna si poteva andare avanti».

Gli uomini decisivi nella sua carriera?

«Ne cito due. Vincenzo Campione, cui voglio molto bene: mi scoprì ragazzino e a 13 anni mi portò alla Juventus. E Giampiero Boniperti, che mi tirava le orecchie e mi caricava. Mi parlava come si parla a un figlio».

ilnapolista © riproduzione riservata