A Repubblica: «Negli ultimi anni Armstrong mi ha aiutato ad affrontare le sfide della vita. Non voglio banalizzare e semplificare gli errori che abbiamo commesso»

Ullrich: «Ai miei tempi il doping era il mondo in cui dovevamo muoverci, il ciclismo oggi è più consapevole»
Repubblica, con Cosimo Cito, intervista Jan Ullrich grande ciclista a cavallo degli anni Novanta e Duemila, coinvolto nel doping e che ha affrontato una lunga battaglia – vinta – contro le dipendenze.
Cos’era il ciclismo negli anni delle sue battaglie sulle montagne con Armstrong e Pantani?
«Il ciclismo, a quei tempi, era fortemente influenzato dalla pressione e dalle aspettative di tanti: tifosi, sponsor, tv, case produttrici. Il doping era il mondo in cui dovevamo muoverci, il mare in cui dovevamo nuotare, era dovunque. Il ciclismo ha imparato molto da quegli anni. I sistemi di controllo sono migliori ora e più organizzati professionalmente e i ciclisti sono più consapevoli, più sensibilizzati e informati. Credo che quell’epoca in cui purtroppo mi sono trovato a vivere non tornerà mai più».
Il Galibier, il Tour ’98. Pantani che parte, lei che evapora nella pioggia. Per molti italiani è uno dei più straordinari ricordi sportivi della vita. E per lei?
«La sorprendo: sul Galibier nel 1998 ho vissuto uno dei momenti più emozionanti della mia carriera. È stata una giornata estremamente dura e ho dovuto affrontare molte sfide fisiche e mentali in quei minuti. Quandosono arrivato in cima ho vissuto un misto di sollievo e orgoglio. E anche se alla fine ho perso il Tour, quello è stato un momento che mi ha mostrato quanta strada avevo fatto come corridore e come persona. Quella sconfitta mi ha cambiato in meglio».
Dopo il suo ritiro ha vissuto anni segnati dalle dipendenze. Come ne è venuto fuori?
«Ho lottato molto contro la droga e l’alcol, e questa è una cosa di cui mi vergogno. È stato un periodo di autodistruzione durante il quale ho preso molte cattive decisioni. Ho lavorato molto su me stesso e sto cercando di guarire. È passato, ma non posso annullare gli errori: fanno parte della mia storia».
Le ha dato una mano Lance Armstrong.
«Lance e io abbiamo condiviso un passato complicato e la nostra grande amicizia si è sviluppata nel corso del tempo. Negli ultimi anni mi ha aiutato ad affrontare meglio le sfide della vita e lo apprezzo molto. Non voglio banalizzare e semplificare gli errori che abbiamo commesso. Ciò che conta è come reagisci grazie o a causa di essi, come vai avanti».
Ullrich: «Nel ciclismo anni 90 non doparsi era come andare a una sparatoria con un coltello»
“Senza doping, la percezione diffusa all’epoca era che sarebbe stato come assistere ad una sparatoria armati solo di un coltello”. Jan Ullrich ha confessato il doping solo dopo anni. Il ciclismo degli anni 90 era così: si dopavano più o meno tutti.
Nel 1997 Ullrich è stato l’unico tedesco a vincere il Tour de France . A Sydney è diventato campione olimpico nel 2000. Nel 2012 è stato squalificato per due anni dalla Tas e i successi tra il 2005 e il 2006 gli sono stati revocati. Tra il 2010 e il 2020 Ullrich è caduto in una crisi personale e si trasferì a Maiorca nel 2015. “Ma per me non ha funzionato. Al contrario. Alla fine è seguito lo schianto”, ha detto Ullrich. Ha bevuto, fatto uso di cocaina. La moglie dell’epoca, Sara, torno in Germania con i loro tre figli; lui rimase solo sull’isola. Con l’aiuto, tra le altre cose, del suo rivale più grande, Lance Armstrong, è riuscito a uscire da una crisi di lunga data e a ritrovare una sorta di normalità.
In una intervista riportata dal Die Zeit riparla di quel doping diffuso. Non aveva voluto rendere pubblica la questione delle “pari opportunità” nel 2006, dopo essere stato sospeso dalla squadra a causa di legami con il medico spagnolo Eufemiano Fuentes. “Non volevo essere un traditore. Non volevo dire mezze verità e certamente non tutta la verità. C’erano mezzi di sussistenza in gioco, famiglie, amici. Gli avvocati mi hanno detto: o esci e demolisci tutto, oppure non dici niente“.
Ullrich dice che all’epoca doping era normale nel ciclismo e la soglia di inibizione era corrispondentemente bassa: “L’atteggiamento generale era: se non lo fai, come sopravvivrai in una gara? Poi corri nel gruppo e sai che probabilmente sei uno di quelli che non hanno nulla in gioco ed è per questo che hai zero possibilità“.
Ullrich ora si rammarica di non aver parlato prima: “Avrei dovuto parlare. Sarebbe stato molto duro per un breve momento, ma dopo la vita sarebbe stata più facile“.
Nel 2007, ciclisti come Bert Dietz, Christian Henn, Udo Bölts, Rolf Aldag, Erik Zabel e Bjarne Riis hanno ammesso pubblicamente il doping. Ullrich non si è unito ai suoi compagni di squadra: “All’epoca contro di me era ancora in corso un procedimento penale. I miei avvocati mi hanno consigliato di rimanere in silenzio. Consiglio che ho seguito, ma di cui ho sofferto le conseguenze per molto tempo“.