Esplorazione dei limiti del corpo, della mente. Proteste, sfoghi, evasioni dall’area tecnica, rimesse laterali. È diventato immarcabile. Aiutiamolo

Simone Inzaghi è ormai una performance avanguardista. Che rincorra un arbitro, che misuri col metro da sarta le rimesse laterali, che faccia parkour scavalcando la sua zona d’interesse (“l’area tecnica”, la chiamano), o che sbraiti in faccia al quarto uomo che lui l’elemosina del recupero no, non l’accetta, ecco: Inzaghi è un’installazione di Marina Abramović. Esplorazione dei limiti del corpo, della mente e dell’interazione con il pubblico. Da manuale d’arte.
Siamo preoccupati. Per l’uomo Simone, per la sua difficoltà ormai tattile nel maneggiare l’equilibrio temperamentale. In campo è immarcabile. Rimbalza qui e là come Chobin (ve lo ricordate Chobin?), invadendo, inveendo, indicando. Poi è costretto a rinsavire, a trasmutare, per impostarsi compunto, in ordine per i microfoni. Afono perlopiù, con l’espressione sterilizzata di chi trattiene dentro di sé lava e lapilli, lacrime e sangue. Lacrime soprattutto. Non è una traduzione banale: serve abnegazione, allenamento, per rintuzzare così. Incassa, a volte si tradisce. È doloroso.
I risultati poi sono quel che sono, se siamo qui a scriverne. Diventa tutto “virale” un attimo dopo, un meme su Tik Tok. L’allenatore dell’Inter ridotto a Ballerina Cappuccina o una qualunque delle medesime idiozie: scene che non vorremmo mai vedere su un campo di calcio, avremmo detto qualche anno fa.
Footage of Simone Inzaghi screaming at the 4th official before the end of last night’s derby: “I don’t want the added time, don’t take the piss out of me. I don’t want it.”pic.twitter.com/KnIF7Lsl6Z
— Milan Eye (@MilanEye) April 24, 2025
E quindi: il gol di Orsolini, i 12-13 metri. E la rimonta del Parma. E i cambi sconsiderati. L’aggressione – senza espressioni ingiuriose, sia chiaro – all’arbitro Chiffi, contro l’Udinese. «È fallo! è fallo!». E il recupero no, non lo devi considerare. Sbuffi di nevrosi. Sfiati. È una sintomatologia. Inzaghi sta pericolosamente accelerando verso il burnout, l’esaurimento emotivo e fisico. Il triplete era lì, un attimo fa: invece il Napoli li ha raggiunti in campionato, il Milan li ha buttati fuori dalla Coppa Italia, e in Champions li aspetta al varco il Barcellona, mica il Monza (che pure pure, il Monza…). Il futuro è uno strale d’incognite, una vessazione. È comprensibile che Inzaghi manifesti un certo disagio, se ci passate l’eufemismo. Soprattutto se chi t’insegue – Conte – è il venerato maestro dell’alta pressione: lui regge, gli altri bum, pure chi gli è prossimo, scoppiano.
Aiutiamo Simone Inzaghi. Lasciamolo libero di muoversi a piacimento per il campo, magari; come le galline allevate a terra. Sopportiamone sermoni e sfoghi. Amnistiamone gli eccessi. Non vuole il recupero? Niente recupero. Non era fallo, quello? Va bene. Per le rimesse laterali magari usiamo la var a chiamata: al suo buon cuore. Mister, ci dica lei. Non c’è problema, davvero. Sono pure giorni particolari, questi.