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Ancora Nord-Sud? L’Italia è tutta terrona. I giovani guardano all’Asia, all’Europa

È una polemica anni Cinquanta che serve a creare un altro alibi. Il Nord dei ridicoli poteri forti finisce quasi sempre dietro al Napoli. La Juve è soporifera come l’Italia, ispira odio solo nei semplici.

Ancora Nord-Sud? L’Italia è tutta terrona. I giovani guardano all’Asia, all’Europa
Eduardo De Filippo in “Napoletani a Milano”

Il Nord padrone è solo nella fantasia stanca di tanti italiani

Quand’è l’ultima volta che abbiamo visto un cumenda e un terrone che non fosse in un film di Gerry Calà? Forse in una vecchia foto di uno zio che mostra l’Alfa Romeo comprata a rate col primo stipendio da emigrante. Eppure a leggere blog e giornali, ad ascoltare i tifosi, a seguire De Laurentiis che – con fare dadaista, come dice Mario Colella – parla di Peppino di Capri dopo una partita col Real, pare che in Italia si sia tutti fermi nel 1950 sul set di Napoletani a Milano di Eduardo.

Il nord padrone e predone rimane solo nella fantasia stanca di tanti italiani. Persino il leghismo ha perso smalto al punto che quasi ti ritrovi a cercare con curiosità un razzista vero per strada. Perché niente di questa roba è autentica. “Vesuvio lavali col fuoco” non ha niente a che vedere con il presunto divario nord-sud. È solo il frutto di una civiltà crepuscolare che condivide compulsivamente qualunque gif animata abbia didascalie colorate. È pane per i semplici.

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Il nostro Nord è spento, è provincia d’Europa

La storica frattura tra nord e sud vanta ben altri natali, altri registi, si fonda sull’ambizione che divora più della fame, la voglia sfrenata di salire il famoso ascensore sociale e trovare un lavoro dignitoso solo per avere il privilegio di sedersi al tavolo a discutere. Quella frattura tra due mondi fu così nobile nelle origini da rappresentare il carburante del miracolo italiano. Un amico, cresciuto nella ex Germania est, mi dice spesso che il più grande regalo dell’Italia ai tedeschi del blocco sovietico furono Peppone e Don Camillo. La sintesi fu la dote più ricca di quell’Italia fatta di cumenda e terroni.

Oggi niente di tutto questo può più esistere se non in qualche esile sceneggiatura per un nuovo film di Siani e Bisio. Il nord non è più centro di nulla. Soprattutto non è più un generatore di sogni, un veicolo di ambizioni. Il nostro nord è spento, è provincia d’Europa, il luogo dove tutto il baricentro si è evidentemente mosso. Ed il sud, indolente da secoli, non ne è più attratto, non ha pungolo a migliorarsi. Il flusso più consistente parte dal mezzogiorno alla volta di altri luoghi, dell’Europa o dell’Asia. L’Italia è tutta terrona.

Come le camicie di Sandro Ciotti

Discutere del potere del nord oggi è come mettersi le camicie con i colletti di Sandro Ciotti. Fa vintage. Si leggono post di denuncia di meridionali che scrivono del settentrione affamatore e delle valigie di cartone mentre sgranocchiano snack e usano il wifi dei Frecciarossa. Scrivono libri. Che la gente compra. È che non abbiamo neanche la forza di immaginare altre battaglie, di disegnare altri personaggi. Siamo un popolo stanco.

Il calcio, al netto delle uscite presidenziali e dei cori dei tifosi, è specchio fedele. Il nord dei ridicoli poteri forti finisce quasi regolarmente sotto il Napoli in classifica. (A meno che non riteniate seriamente i giornalisti sportivi poteri forti). Il Napoli finge di giocare la battaglia di Franceschiello per aggiungere un altro alibi alla lunga lista di scuse per non muovere un dito. E la Juventus, un tempo temuta ed avversata con fierezza e rispetto – quello che esigevano uomini del calibro di Zoff, Scirea, Gentile – è oggi una delle ricche aziende di famiglia gestite dai giovani rampolli senza dimensione, senza classe. La Juve vince e non ispira neppure odio, se non nei semplici. È soporifera. Come l’Italia.

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