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E sono sette, traguardo non banale e necessariamente scontato

E sono sette, traguardo non banale e necessariamente scontato

Sette come i re della città che ti ha ospitato, e nei giardinetti di Piazza Santa Maria Liberatrice ti ha visto nascere.

Sette (o quasi) come gli anni passati con Fabrizio D’Esposito al Riformista, sulle cui colonne arancioni firmavate vivaci cronache delle partite del Napoli – memorabili quelli all’Olimpico. E’ con questo spirito che si è dato forma e sostanza al Napolista, «il sito più bello del mondo» [Trombetti dixit]. Certo lo avrei preferito e sognato di carta, ma sono un inguaribile antistorico, innamorato delle battaglie perse.

Il Napolista può essere considerato a tutti gli effetti un giornale d’opinione, che nel corso di questi anni ha provato, sta provando – e sono sicuro continuerà a farlo – a non contrarre quel virus piuttosto diffuso: l’opinionismo, malattia senile del giornalismo.
La cifra stilistica del Napolista in questi sette anni non può essere ridotta a sterili e stantie questioni di libertà d’espressione/di stampa, ma è indissolubilmente legata a quel connubio di freschezza ed originalità in grado di sferzare il paludato mondo del calcio, con uno sguardo attento sulla città di Napoli.

Il mio augurio sincero è che il Napolista sia in grado di fronteggiare adeguatamente i cambiamenti che attraverseranno il mondo del giornalismo, e parallelamente quelli del calcio, con la stessa audacia e lo stesso coraggio di questi sette anni, restando sempre fedele a se stesso.

Prosit !

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