Ha il destino nel cognome. È il Salvador Dalì del calcio, quella idea del pensiero fuori da ogni controllo, dell’estetica ecclettica.
Insigne, dal latino Insignis
Insgine, dal latino Insignis – colui che si distingue per un segno particolare -. Nel cognome il destino, nel colore della maglia la tempra serena, del cielo di estate. A vederlo, musichi e poeti, potrebbero dar sfogo a tutta la loro vena creativa, ma dovrebbero fermarsi e riflettere, perché nel fondo di una tela tutto il talento è difficile da tenere. Per noi è Lorenzo, è quello che deve sempre fare cose eccezionali, perché sennò ha giocato male; è quello che, napoletano, deve sentirsi sempre in discussione, sempre sotto tiro, come se lui fosse immune alla stanchezza, ai male ‘e capa, alle influenze o alle serate storte.
È uno di famiglia
Non c’è tifoso del Napoli, sparso per il globo, che non abbia una volta durante una partita, contestato sebbene bonariamente, il ventiquattro azzurro. Non ci sono case, pub, bar, dove non si sia mai sentita una volta “Lorè, lorèè, mannaggia”. Perché lo consideriamo uno di famiglia, e ci proiettiamo tutti nei suoi piedi, è l’avatar di ognuno di noi. Tutti però, più o meno, ci siamo fiondati nel giro del suo destro, e abbiamo creato il fans club della meraviglia. Ci siamo catapultati con la testa negli schermi, quando con il piede fece quella pernacchia fragorosa a tale Navas, costaricense e blancos, e corse, corse, corse talmete tanto, che la telecamera lo perse.
Il Magnifico
Nomen omen, nel nome il destino, appunto, Lorenzo, come il Magnifico, signore di Firenze, intellettuale fine, circondato dal fiore degli artisti del tempo. Lui però è di Frattamaggiore, e dubitiamo che Pico della Mirandola sia mai passato di lì, per questo del paragone con il mediceo ci teniamo solo il Magnifico e ci piace accostarlo a chi, Napoli l’ha fatta davvero grande: Carlo III di Borbone. Il Re che ha creato la città più luminosa dell’intera Europa. Colui che diede gioia proprio a tutti, costruendo l’albergo dei poveri, istituendo la prima opera di “welfare” mondiale. Lorenzo, come il Santo della notte d’Agosto più bella, dove le stelle dovrebbero cadere, ma anche far spalancare gli occhi all’incredibile regia della natura.
Forgiato da Zeman
Lorenzo è questo. Divino come pochi, impertinete e rabbioso, cazzimmoso e dolce, attaccato a quelle curve che l’ospitavano da ragazzo. Nasceva un anno e due mesi dopo il goal di Baroni contro la Lazio, e cresceva col suo Napoli in caduta libera. Forgiato da Zeman, è approdato a Napoli e pian piano ha saputo ricavarsi quello spazio importante che si concede solo agli attori di prima fascia, e ai quali bisogna garantire sempre una parte, rinnovandone la fiducia in modo incondizionato.
Lorenzo è di tutti
Se Agnelli definì Del Piero Pinturicchio, Insigne potrebbe essere accostato a Salvador Dalì, al Surrealismo, a quella idea del pensiero fuori da ogni controllo, dell’estetica ecclettica che traspare dai quadri del baffuto pittore, a quella Persistenza della Memoria che incarna il senso esatto nel talento cristallino del puffo napoletano, oppure alla ragazza alla finestra, che di spalle a tutte le chiacchiere e malumori, attende fiduciosa un segnale, come quello che tutti chiediamo al presidente. Lorenzo è di tutti, per tutti, è deve essere quello scoglio fermo, dove agrapparsi per vedere sorgere l’alba dei nuovi giorni azzurri.