Analisi tattica e statistica dell’avventura di Higuain in bianconero. L’investimento è “giustificato” da numeri e risultati, ma la percezione è lontana dal “sovrumano”.
Come sta il calciatore
Abbiamo scritto tanto di Gonzalo Higuain. Di quello che ha rappresentato questo suo ritorno. Della definizione dei tanti significati di un Napoli-Juventus con lui in maglia bianconera (blu) contro. Una cosa è vederselo (segnare) contro a Torino, un’altra è Fuorigrotta. Non gli è andata benissimo, la sua squadra non l’ha assistito. Questa, più o meno, la tesi che si evince da un pezzo tecnico-monografico pubblicato oggi dalla Gazzetta dello Sport. Che sottolinea come Gonzalo, a Napoli, abbia toccato zero palloni nell’area di rigore avversaria; come Gonzalo, a Napoli, riceveva in media 33 passaggi a partita mentre quest’anno si ferma a 21; come Gonzalo, con quella di domenica a Napoli, sia arrivato alla quinta partita in fila senza gol in campionato. Record negativo juventino e degli ultimi due anni; ultima rete realizzata quella contro il Napoli allo Stadium in Coppa Italia.
Oltre i discorsi su malocchi, incantesimi e iatture, volevamo capire come sta Higuain-calciatore nella sua nuova avventura. Se, al di là della possibile/probabile vittoria dello scudetto, la sua avventura personale sia da considerare positiva o negativa. Se la Juventus è riuscita, in qualche modo, ad esaltare davvero la cifra del fuoriclasse del gol inequivocabilmente esplosa a Napoli l’anno scorso.
Posizione
I dati dei passaggi proposti dalla Gazzetta hanno il significato che vogliamo attribuirgli. O meglio: possono significare tutto o niente. È anche, se non soprattutto, una questione di principi di gioco. Il maggior numero di passaggi ricevuti non era “spazialmente diversificato”. Nel senso: non identificava una zona di campo in cui o da cui questi appoggi provenivano o erano diretti. Ergo, il differente modo di giocare della Juventus – che nel corso della stagione ha alternato una coppia d’attacco classica e classicamente detta a un 4-2-3-1 asimmetrico, basato soprattutto sul giro palla basso e poi verso gli esterni (Cuadrado e Alex Sandro) o sulla regia di Dybala – potrebbe tendere a far partecipare meno Higuain alla costruzione del gioco. In realtà, basta guardare la differenza tra una heatmap del Pipita nello scorso campionato e una riferita a quello in corso per capire la differenza.
A sinistra, Napoli-Sassuolo 2015/2016. A destra, Juventus-Palermo 2016/2017
A questo punto, si capisce come il compito di Higuain con la Juventus sia diverso rispetto a quello ricoperto nel Napoli. Il Napoli di Sarri con Higuain prevedeva un movimento di rotazione e rivoluzione completa della squadra intorno al suo numero nove. Che ne era unico finalizzatore, ma anche se non soprattutto regista offensivo. Inteso come appoggio per la giocata verticale di Jorginho; come creatore dei triangoli con l’esterno e la mezzala prima che il gioco si aprisse sul terzino; come mittente delle aperture panoramiche per armare la corsa del terzino o dell’esterno in campo aperto. Nella Juventus, questa fase appartiene più a Dybala. Higuain tocca meno palloni e si occupa soprattutto della gestione della difesa avversaria, nel senso dell’orientamento della posizione dei centrali. Il dato delle occasioni create alla 30esima giornata è lo specchio di questa mutazione: l’anno scorso erano 44, quest’anno sono 24.
Le conclusioni
Dal punto di vista più puramente offensivo, fare il confronto dei gol su una stagione-exploit, da 36 reti, vorrebbe dire mandare fuori strada il lettore. La capacità realizzativa di Higuain nello scorso campionato è quella potenzialmente raggiungibile da Higuain, nel senso del “migliore dei casi”. Anche perché, al di là del gioco della propria squadra, incidono fattori psicologici o anche strettamente clinici (un microinfortunio, un banale raffreddore) di cui non possiamo essere a conoscenza. Il 29 a 19, quindi, non significa granché.
Più interessante andare a verificare il numero di conclusioni per partita, individuale e di squadra, dati che in qualche modo quantificano il parametro dell’incidenza del calciatore sulla fase offensiva complessiva. Higuain quest’anno ha ridotto il numero dei tiri ogni 90′, da 5.2 del 2015/2016 a 3.3. Una diminuzione tarata in maniera proporzionale con quella della squadra. Se il primo Napoli di Sarri concludeva verso la porta per 17.26 volte a partita, la Juve si “ferma” a 14.83.
La shoot accuracy, con meno possibilità di andare al tiro, è ovviamente aumentata: dal 56% al 60%. È una definizione della bravura del calciatore, ma anche un dato facilmente influenzabile dall’aumento statistico delle possibilità d’errore riferite ai tentativi. Ricordiamo che si tratta del rapporto percentuale tra tiri tentati e tiri nello specchio. A questo punto, è facile evincere come il tasso di conversione sia praticamente identico: 24,7% in bianconero, 25% in azzurro. Il termine di riferimento col reale è semplice: Higuain segna ancora un gol ogni quattro tiri tentati verso la porta. È la Juve a concludere di meno. E quindi a “offrirgli” meno chance di realizzazione.
Conclusioni
Aver mantenuto la media realizzativa su sé stesso, inteso come possibilità di andare a segno, ci fa dire che Gonzzalo Higuain “sta bene” nella sua esperienza a Torino. Il discorso individuale, al di là di quello sulla centralità assoluta che però andrebbe a toccare anche le dimensioni dei club (fatturati, ambizioni, ecc.), è quindi positivo.
Quello legato alla squadra va articolato in maniera diversa. La Juventus sta sfruttando Gonzalo Higuain? I 19 gol in campionato dicono di sì, è uno score superiore ai primi due anni di Napoli. Poi c’è il primo posto in classifica, insieme alla semifinale di Coppa Italia e al quarto di finale di Champions League, a “giustificare” l’investimento. Dall’altra parte, però, ci sono le percezioni rispetto a partite come quelle di Napoli. E le sensazioni sul fatto che un gioco più propositivo possa far lievitare numeri alti – ma umani – verso la soglia del sovrumano. Quella potenzialmente raggiungibile da Higuain. Ne sappiamo qualcosa.