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Dries Mertens ci dice che, liberati dalle gabbie, si può volare

L’olandese che viveva costretto nel ruolo di esterno e che, appena ha potuto, ha dimostrato di essere un vero centravanti

Dries Mertens ci dice che, liberati dalle gabbie, si può volare
Sta per partire il pallonetto di Mertens (Cuomo)

Numero 14, ‘o mbriaco

Dove il bello passeggia, tutti si fermano ad ammirarlo e non importa se lui non volge lo sguardo, se realizza coi soli piedi le orme di un capolavoro. Questa è la scritta che Don Peppe ha fatto incidere su una lapide quando è stato inaugurato a Fuorigrotta un nuovo rione “Pallonetto di Mertens al Torino”. Chi se lo scorda? Arrivato come buon rincalzo da Lovario, la capitale della birra, per questo il suo numero quattordici calza a pennello: ’o mbriaco come i difensori dopo averlo affrontato, piano afferra l’erba e fiammingo com’è la trasforma in una tela su cui dipingere pagine e pagine di godimento.

Basso è basso ma il basso è anche uno strumento che può regalare assoli magnifici. Chiedetelo a quelli bravi che fanno walking blues e suscitano brividi che partono dallo stomaco e arrivano al petto. Ecco, solo che Dries, non cammina, corre, e l’assolo lo fa con i lacci degli scarpini, e usa il pallone come peltro.

Non riusciva a resistere come esterno

Esterno proprio non riusciva a resistere, ingabbiato nell’illogica regola del turn over forzato, etichettato come panchinaro che spacca le partite, trattato come quelle donne che ti salvano il sabato sera dopo che quella a cui punti da un mese, ti appende con un modesto sms “scusa ma mi è salita un po’ di febbre” e a tua volta cerchi di recuperare con quella a cui avevi scritto “stasera non è cosa, sto con gli amici, sai è da parecchio che non usciamo assieme”.

Non ha mai mollato

Lui non ha mollato, si è messo al centro del golfo con in mano un desiderio, conquistare la città. Una statua della libertà più che un pastore da presepe, simbolo della rivolta di quelli che proprio non ce la fanno a tenere addosso le etichette, come manichini in un negozio di abiti da lavoro, aperto il quindici di agosto. Quando è arrivato il momento, si è liberato per tuffarsi in quel ruolo di emergenza che ha sancito la sua vera identità: centravanti, senza se e senza ma, attaccante centrale, punta, o semplicemente chill c’a votta ‘a int in ogni modo, quando serve, perché una volta liberati dalle gabbie si può volare.

La maglia numero 9 non assegnata

La maglia numero nove non è stata assegnata quest’anno ed era il segno, forse, che il nove non sarebbe servito in questa annata pazzesca in cui tutti vogliono trovare peli, anziché godersi l’uovo di colombo trovato da Mister Sarri. Mertens sfugge all’idea antica di quelli che vogliono oggi il calcio di ieri. Di quelli che pretendono ora le idee di ieri, come se tutti noi volessimo ancora una rivoluzione proletaria nell’epoca in cui la società si basa sul precariato, inoccupati, parcheggiati.

La notte di San Bartolomeo

C’è un filo che lega ogni cosa, ed in questa città, in questa parte di mondo che trasuda storia, ancora di più. Quando ci fu la famosa notte di San Bartolomeo nel 1572, in Francia, una delle più sanguinose guerre di religione della storia, che coinvolse in seguito anche i Paesi Bassi, artisti e pittori, soprattutto fiamminghi emigrarono in Italia, contribuendo in modo tangibile all’arte pittorica nostrana. Pare che alcuni dei più grandi esponenti scapparono nei pressi della città di Aversa, e qui siamo sicuri, abbiano lasciato il gene, che ha sancito il patto di sangue innato, che il Dries di tutti, ha stretto con Napoli ed il Napoli.

Il dubbio dei filosofi calcistici

Nulla avviene per caso e se avviene è il caso stesso che si piega all’esigenza e la fa diventare realtà, cosi come Mertens è diventato l’attaccante del Napoli senza la numero nove, è diventato il punto più alto della filosofia Sarriana, è diventato il dubbio dei filosofi calcistici che hanno cambiato in fretta la loro opinione per appeal televisivo. Mertens è diventato il gioiello incastonato nella pietra su cui erigere il palazzo del futuro, e li siamo sicuri, che una volta edificato, ci fermeremo tutti ad ammirarlo perché sarà un capolavoro.

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