Allora, eccoci qui. Siamo secondi in classifica alla quinta di ritorno. A tre punti dal Milan (ma l’Inter deve recuperare una partita). Sono tanti i temi all’ordine del giorno, secondo me. Il nuovo Mazzarri del post-partita, molto meno arrogante e molto più umano e emotivo; un appannamento della squadra che può rappresentare un campanello d’allarme; lo stratosferico centravanti. E infine ce n’è un altro, che mi sta a cuore più di tutti: l’impazienza del pubblico del San Paolo. Ecco, a me ieri il pubblico non è piaciuto. Nemmeno il tifo organizzato ha fatto del suo meglio, secondo me. Ma è al resto dello stadio che mi rivolgo, a quelli che non devono obbedire a nessun capo ultrà. Ieri mi è parso di stare a San Siro. Ricordo quando nel ’91, di ritorno da Budapest (scesi nella notte in una Venezia da infarto) andai a vedermi Milan-Napoli. Finì 5-0 per loro, Maldini segnò dopo trentotto secondi. Mugugnavano quando Rijkaard sbagliava un passaggio. Anni dopo li ho sentiti borbottare e sbottare su Seedorf. E mi dicevo: il pane a chi non ha i denti.
E l’ho pensato di nuovo ieri. Ok, il Napoli non ha giocato una grande partita. Ma chi l’ha detto che bisogna giocare sempre a mille? Qualcuno forse crede che siamo diventati il Barcellona? Sì, Gargano (che io non amo particolarmente) a tratti è imbarazzante, ma che senso ha fischiarlo? Se ne migliora il rendimento così? E poi tutta quell’insofferenza ai tanti passaggi sbagliati. Temo che il pubblico si sia abituato troppo bene, si sia convinto che siamo davvero la seconda squadra più forte d’Italia. E, di conseguenza, o ne diamo quattro a tutti senza soffrire oppure siamo giù di tono.
La squadra vive un momento strano. Alcuni uomini sono giù di condizione. A centrocampo non abbiamo un ricambio fresco (ieri anche Yebda non ha brillato). Però è una fase. E proprio in questo periodo bisogna dimostrare maturità sugli spalti. Non siamo il Barcellona. E nemmeno la Roma, se è per questo. Ma se ne siamo consapevoli, almeno coi giallorossi possiamo giocarcela. Altrimenti ci schiantiamo.
Massimiliano Gallo
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