Il Napoli è diventato una grande squadra dopo un percorso lungo e consolidato da Sarri. Ma per il titolo, purtroppo, non si corre da soli.
Raccogliere tutte le domande che si sono alternate intorno a questo Napoli è quasi un’impresa improba. E poi saprebbe tanto di bilancio finale che è forse prematuro anticipare ad una giornata dalla fine. Comunque provo a ricordarne qualcuna, dal “Come farà il Napoli senza Higuain?” a “Perché Sarri non cambia modulo?”, passando per “Non è che il Napoli gioca troppo bene per vincere qualcosa?” fino alla famigerata domanda “Cosa manca a questo Napoli?”.
Domande che alla luce di questo finale di campionato appaiono alquanto oziose, come pigra è la lettura di questo torneo da parte di molti “opinionisti” e, ahimè, anche da parte di molti tifosi. Infatti, dai commenti social e dal sentire comune traspare un po’ di recriminazione e persino rabbia per il terzo posto, sentimenti che contrastano molto con l’allegria che il Napoli regala durante le sue partite e che per fortuna è tornato ad essere quel marchio di fabbrica che già il precedente allenatore aveva provato, all’inizio della sua esperienza partenopea, a dare a squadra ed ambiente.
L’ambiente e il bicchiere
Spero che a fine campionato, comunque vada, in città si riesca a guardare il bicchiere mezzo pieno. Non amo i “devi vincere” imposti a furor di popolo. Mettono una pressione che fa male all’ambiente. Gli striscioni che “invitano” a portare lo scudetto in città sanno di ambiente impreparato a gestire una stagione, la prossima, che rischierebbe di essere rapidamente percepita come un fallimento se non iniziasse subito con il piede giusto.
Non si corre da soli
Tra l’altro, le recriminazioni sui (presunti) punti buttati via, sulla difesa che prende troppi gol, oltre a non rendere merito a questa incredibile stagione, non sono del tutto oneste e realistiche. Infatti, usando dei termini mutuati dalla Formula Uno, dal suo momento peggiore (14 punti al termine dell’ottava giornata e sesto posto in classifica) fino a sabato sera, il Napoli ha percorso uno “stint” molto veloce, fatto di 69 punti in 29 giornate, media 2,38 punti a partita. Peccato che nello stesso periodo gli altri due “bolidi” abbiano corso quasi alla stessa velocità, 68 punti la Roma e 67 la Juventus.
Per avere dei termini di paragone, durante lo scorso campionato il migliore “stint” della Juventus fu ancora più veloce, ovvero 73 punti in 25 giornate (2,92 punti di media), dalla decima (suo momento più basso) alla trentacinquesima giornata in cui si laureò campione d’Italia. Di contro però il Napoli riuscì a collezionare “solo” 52 punti, un ottimo punteggio ma insufficiente per tenere testa alla “Mercedes” bianconera.
Questo per affermare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che purtroppo nello sport non si gareggia da soli, e che alcune battute a vuoto vanno messe in preventivo. Come il fatto che la Juventus, grazie al vantaggio che ha progressivamente acquisito, si è permessa il lusso di perdere punti che in altre condizioni avrebbe forse conquistato. Prova ne è che alla fine, pur senza dare la sensazione di imbattibilità che ebbe a lungo durante lo scorso torneo, finirà quasi sicuramente con gli stessi 91 punti.
Record
Alla fine dare il massimo non è bastato. Non è bastato per uno scudetto che in altre stagioni con gli stessi punti sarebbe stato vinto a mani basse. Non è bastato per il secondo posto (finora), ma che è stato più che sufficiente per l’ennesimo ingresso nelle competizioni europee, quasi certamente in quegli spareggi di Champions League che assolutamente non devono spaventare società, squadra ed ambiente. In questa stagione quasi tutti i tabù sono definitivamente crollati, e il Napoli che batte tutti i record ha dato una severa lezione di calcio anche a quella Fiorentina che solo all’Olimpico contro la Roma aveva subito una sconfitta altrettanto pesante.
Un percorso
La quarta vittoria consecutiva (tabù di quest’anno) è arrivata e mi piacerebbe tanto che il popolo tifoso, oltre a ricordare le partite di 30 anni fa, iniziasse ad inserire nei sui ricordi anche le partite di questo ciclo spettacolare che dura ormai da qualche anno. Perché, ad esempio, non è giusto celebrare a distanza di anni il grande primo tempo contro il Real Madrid nel 1987 senza fare lo stesso con lo splendido primo tempo della sfida di quest’anno. Così come la vittoria della Coppa Italia 2012 del Napoli di Mazzarri contro la Juventus imbattuta di Conte. Oppure il 3-0 alla Roma nel ritorno di Coppa Italia al San Paolo, viatico per quella che fu la seconda Coppa Italia in pochi anni e per la Supercoppa successiva.
Così come alcune splendide prestazioni degli azzurri che si sono susseguite in questi anni, Wolfsburg per esempio, e le tante vittorie in campionato a suon di gol, prima di arrivare a queste due ultime stupende stagioni agli ordini di Maurizio Sarri, ricche di partite da conservare nella memoria collettiva.
Tutti momenti quasi (ingiustamente) dimenticati, ma che sono stati i tasselli di un puzzle finalmente messo insieme dall’allenatore toscano e che ci regala prestazioni eccezionali senza quelle pause che erano state il maggior difetto dei Napoli precedenti. Ed è soprattutto grazie a Maurizio Sarri che il Napoli è finalmente la grande squadra che appena tre anni fa sognavo diventasse. Con o senza un trofeo “importante”.