Ma ci voleva lo sputo di Lavezzi per spiegare all’Italia il conflitto d’interessi? Nel venerdì nero del Napoli, il calcio mostra tre rughe e i suoi volti segreti, i peggiori. Si comincia a Fuorigrotta con gli scontri per i biglietti di Villarreal: se prima la caotica vendita era grave, adesso che si ripete è sospetta. Chi ha interesse a favorire i violenti? Si prosegue con squalifica per tre turni confermata a Lavezzi: è antigiuridica. Non solo, la decide una prova tv fornita da Mediaset, che vuol dire Berlusconi, quindi Milan. Il Napoli è rimasto nel perimetro del diritto sportivo. Il ricorso andava forse sostenuto con più forza, fuori dalla routine. Il caso c’era tutto. Il giudice Tosel aveva punito con tre giornate ciascuno Rossi e Lavezzi, per lo sgradevole scambio dello sputo. È “condotta violenta” nel calcio. Se sfugge all’arbitro, il procuratore può quindi produrre la prova tv. Primo pasticcio. La prova non è chiara, non offre “la piena garanzia tecnica e documentale”, va quindi respinta. Invece no.
La giustizia sportiva è influenzata però dalle dichiarazioni. In tv Roma e Napoli giustificano gli sputi, quindi li confermano. Lo stesso Lavezzi nell’intervallo va a scusarsi con Bergonzi. L’arbitro non ha visto, sapeva, ma tace nel rapporto. Che si fa? In una procedura corretta, si rifiuta la prova. In tribunale se la Scientifica dà impronte digitali non compatibili, l’imputato è assolto. Qui no, ci si mette Tosel con acrobatiche contraddizioni. Riconosce che il filmato non è chiaro, ma coglie «una palese gestualità». E la “piena garanzia tecnica e documentale”? Macché, tre giornate e via così. Fino a ieri, quando spunta in Corte federale il filmato di Mediaset. Richiesto da chi? E perché compare con sei giorni di ritardo? Troppo per garantire la genuinità della prova. Ma a Figc e Milan sta bene così, ciao Napoli.
Che Lavezzi sia colpevole, è fuori di dubbio. Poteva essere utile una strategia alternativa. Se non la revoca, si poteva invocare la riduzione. Ma come? Con una impennata di affermati penalisti. Irrompono spesso nei giudizi sportivi. Paolo Trofino è un esempio, nel calcio e nell’ippica ha ribaltato più di un verdetto. L’ordinamento giuridico riconosce un’aggravante alla provocazione, un’attenuante alla reazione. Tosel ha punito nella stessa misura Rosi che ha provocato e Lavezzi che ha reagito. Bisognava forse puntare molto sulla disarmonia tra diritto penale (“preminente”) e diritto sportivo (“domestico”) per strappare una squalifica ridotta. Si doveva comunque creare un caso: la lacuna c’è nella giustizia sportiva. È così che un club acquista autorevolezza, quindi rispetto, nell’arcaico e parziale mondo federale.
Alle nebulose immagini di Sky si sono aggiunte invece con ampio ritardo quelle di Mediaset, galassia Berlusconi. Ora nessuno dei tifosi, anche chi censura le stravaganze dell’indisciplinato Lavezzi, accetta che il ricorso sia respinto con l’intervento di un polo televisivo così vicino al Milan. Molti giurano il boicottaggio: basta reti Mediaset. Chissà se lo faranno. È certo però che su Milan-Napoli, su partita e corsa scudetto, rimarrà un’ombra. Ieri non è stato sconfitto solo De Laurentiis né ha vinto Berlusconi. Ieri la giustizia sportiva si è confermata rozza nelle procedure, ma anche permeabile ad ogni interesse o sospetto.
Antonio Corbo
repubblica.it