Domani sera Roberto Donadoni torna al San Paolo, col suo Cagliari. Non so come sarà accolto, forse dai fischi, forse dall’indifferenza, chissà qualcuno applaudirà pure. Non credo. La sua avventura è stata un disastro, non c’è che dire. Meno di un anno a sguazzare nella mediocrità. A me piaceva, lo ammetto. A me piace chi ha una concezione tecnica del calcio, chi predilige chi sa stoppare a chi non lo sa fare. E avevo apprezzato la scelta di acquistare Cigarini, così come ovviamente quella di Quagliarella. E ogni tanto penso a cosa sarebbe stato il Napoli se Di Natale avesse detto sì.
Ma è andata diversamente. Per fortuna, oserei aggiungere. Con lui eravamo in zona retrocessione, oggi con Mazzarri siamo dove nemmeno osavamo immaginare. E grandissima parte del merito è del buon Walter.
Ma torniamo a Donadoni. Di lui si ricorda poco. Forse la prestazione di Palermo, quando perdemmo pur dominando. Il primo tempo di Marassi, contro il Genoa, quando poi ci sciogliemmo come neve al sole. La sua più grande responsabilità è stata non credere in se stesso. Ha cominciato a rinnegare le sue scelte, e quando un capo si mostra indeciso la truppa se ne accorge e lo abbandona. Così è stato per lui. Una cosa, però, non dimentico. La prima partita del suo Napoli lo scorso campionato al San Paolo. Contro il Livorno. Vincemmo 3-1, doppietta di Fabione se non ricordo male. Ma soprattutto una palla a candella che scendeva da lassù nei paraggi della panchina del Napoli. Lui era in piedi, forse le mani in tasca, e col piede la incollò al prato.
Massimiliano Gallo
Di Donadoni ricordo
un stop al San Paolo
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