Non c’è che dire, noi tifosi siamo strani. E il calcio è un singolare miscuglio di sentimenti, passione, omertà, una sorta di universo a parte dove quel che accade nella vita reale, a noi o a persone a noi vicine, non ha alcun diritto di cittadinanza. Ciascuno di noi, dopo aver dato l’anima al lavoro, vorrebbe sentirsi gratificato: con un aumento di stipendio, con nuovi progetti che evidenzino l’ambizione del nostro studio o del nostro ufficio, o magari con incarichi più prestigiosi. E, ovviamente, nel caso in cui tutto ciò ci fosse negato non ci penseremmo due volte ad accettare l’offerta di un concorrente che ha programmi più ambiziosi e un portafogli più consistente.
Ma tutto questo nel calcio non esiste. Anche per fortuna, per carità. Del resto lo ha scritto magnificamente Fabrizio d’Esposito nel suo pezzo su Mazzarri. Un articolo bello perché sentito, da amante tradito. Del resto la citazione battistiana di Mi ritorni in mente non è casuale. Insomma, Mazzarri come Quagliarella, o persino peggio.
Siamo sempre nel campo del condizionale, per carità, ma ammettiamo che il nostro tecnico abbia veramente deciso. Che cosa possiamo imputargli? Di aver portato una squadra come il Napoli – modesta, diciamocelo – a lottare per lo scudetto fino a sei giornate dalla fine del campionato? Di aver raggiunto con Aronica (sì, Aronica) e Grava un piazzamento che da queste parti mancava da vent’anni? O, ancora, di voler vincere, come cantano proprio gli ultras? Sì, Mazzarri vuole vincere. È ambizioso. E questo non può essere considerato un peccato, una colpa. Probabilmente vorrebbe farlo a Napoli, avrebbe voluto farlo a Napoli, ma – lo sappiamo – senza soldi non si cantano messe.
E se il padrone di casa di mettere mano al portafogli proprio non ci pensa, perché mai lui dovrebbe rimanere qui? Per la bella faccia nostra? Perché ci siamo emozionati nel vederlo sotto la pioggia con la camicia bianca? Perché ci ha fatto sognare come non ci capitava dalla notte dei tempi?
Sappiamo poco di quel accade nelle segrete stanze del Calcio Napoli, ma forse a questo punto devo ipotizzare che tra Mazzarri e De Laurentiis ci sia stato e ci sia un braccio di ferro sugli obiettivi della società. Diciamoci la verità, l’ultima campagna acquisti è stata salvata dalla pepita Cavani, altrimenti adesso staremmo a raccontare tutt’altro campionato. Per il resto, però, tante cessioni e acquisti di secondo piano. Fatta eccezione per Yebda. E se Mazzarri ambisce a una grande squadra, devo immaginare che non sia reale il suo timore di allenare calciatori di un certo livello. Sa che il successo passa di lì. Ma se questi calciatori a Napoli mai arriveranno, perché restare qui?
Vogliamo prendercela con Mazzarri? Facciamo pure. Mettiamo la testa sotto la sabbia. E ripartiamo con Delio Rossi (l’allenatore che faceva giocare Cavani esterno d’attacco) o Gasperini. Un Napoli laboratorio. Apprezzabile, per carità, per certi versi interessante ed entusiasmante. Ma che evidentemente non ha obiettivi da grande squadra. In qualche modo Mazzarri ha rovinato i piani quinquennali del nostro presidente. Ha bruciato le tappe. Ma Aurelio il ritmo del propri passo, forse, non lo vuole cambiare. Non possiamo chiedere al nostro allenatore di accettarlo. Non sarebbe corretto verso chi ha il solo torto di aver fatto bene il proprio lavoro e di avere l’ambizione di farlo ancora meglio. Io non so come finirà. Spero che i due trovino un’intesa, ma se ciò non dovesse accadere non potrei mai rimproverare a Mazzarri di aver voglia di coronare i propri sogni. Chiamatelo tradimento, per me il traditore non è lui.
Massimiliano Gallo
Siamo così certi che il traditore sia Mazzarri?
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