La storia della Spal, tra luci e cadute: il nome solenne, i colori sociali, i fallimenti e l’incredibile rinascita degli ultimi anni, con due promozioni in fila.
Solennità
Molti ignorano che la Juventus rischiò seriamente di chiamarsi «Delectando Fatigamur». Il nome ricevette l’unanimità nel corso della prima votazione da parte dei soci, gli studenti del Liceo classico “D’Azeglio” inconsapevolmente sadomaso nel volere abbinare fatica e piacere. Poi l’assemblea, si sa, optò per il più rassicurante “Gioventù”. Colpa della tendenza dell’epoca, a cavallo tra l’800 e il ‘900, quando era in voga in Italia tra le società sportive ricorrere ad altisonanti denominazioni latine dal significato solenne ma spesso presuntuoso. Ad esempio Libertas, Spes, Vis, Vigor, Aidax, Fortitudo, Robur…
Anche don Pietro Acerbis, sacerdote salesiano di Ferrara, fu pervaso dalla suggestione latinista. Fondò nel 1907 all’interno dell’oratorio il circolo Ars et Labor, dove si coniugavano arti come la pittura e la scultura e lo sport. In principio furono ginnastica e ciclismo e nel 1912 fu aggiunto il calcio come sport del circolo.
Un anno dopo il ramo sportivo si staccò dal circolo e fondò la Società Polisportiva Ars et Labor, che aveva per scopo avvicinare i giovani della città allo sport. Tuttavia il legame con don Pietro e la congregazione dei salesiani era così forte che la Spal scelse come colori sociali il bianco e l’azzurro, che erano anche i colori dei salesiani, come ricordo delle proprie origini oratoriali. E visto che il bianco e l’azzurro erano i anche i colori dinastici degli Estensi, gli antichi duchi della città, furono tutti soddisfatti. Tuttavia fu il regime a spezzare, anche se per pochi anni questo legame. Dal 1939 sino al termine della seconda guerra mondiale, il club adottò maglie a strisce bianco-nere in omaggio ai colori civici della città.
La Spal tra i grandi
Nel 1913, con la guerra alle porte, era pressoché impossibile iniziare a giocare a pallone. Perciò per avere notizie attendibili delle prime attività calcistiche della Spal si dovette attendere il 1919. Il 16 giugno si giocò la prima partita ufficiale della storia contro la Triestina: finì 4-1 per i giuliani. La storia della Spal è avara di successi. Dopo un lungo periodo di anonimato, caratterizzato da campionati minori e retrocessioni, i ferraresi riuscirono a tornare in serie B nel 1945 dando vita a un ventennio di pieno di soddisfazioni con 16 campionati consecutivi di Serie A, un quinto posto nel 1959/60 e la finale di Coppa Italia nel 1962, grazie all’appassionato lavoro del presidente Paolo Mazza che riuscì a portare a Ferrara degli ottimi giocatori.
Alla corte estense mossero i primi passi due che sarebbero diventati anche grandi allenatori: Edy Reja e Fabio Capello. Ma non si possono dimenticare calciatori del calibro di Armando Picchi, Albertino Bigon, Saul Malatrasi e Luigi Delneri.
La rinascita
Poi il ciclo d’oro del dopoguerra finì e la Spal, complici le difficoltà nel rimanere a galla puntando esclusivamente sui giovani, iniziò la lenta caduta. I biancazzurri inanellarono retrocessioni e promozioni tra serie C2 e B, tanti avvicendamenti al vertice e soprattutto un cambio di proprietà negli anni ’90 che portò al doppio fallimento degli anni 2000. Solo cinque anni fa la Spal, rinata dalla fusione con la squadra di Masi San Giacomo, paesino della provincia ferrarese, ricominciò il suo cammino dalla Serie D, che culminò nell’incredibile promozione in Serie A nel maggio scorso.
Il simbolo societario è costituito da un logo ovale azzurro con una banda bianca nella parte superiore nella quale è riportato l’acronimo S.P.A.L., che sormonta lo scudetto troncato bianco e nero emblema di Ferrara. Introdotto negli anni 1960, è stato utilizzato ufficialmente dal 1995 al 2005, per poi essere ripreso nel 2012.
Ultima curiosità. La Spal ha vinto anche un torneo internazionale, ancorché minore: la Coppa dell’Amicizia italo-svizzera del 1968.