Le differenze tra il gioco di Mertens nel Napoli e quello del Barcellona e del classico Falso Nueve. In realtà, il belga è diventato un fortissimo centravanti associativo.
La definizione
Allora, prima di tutto dobbiamo chiarire le nostre idee, spiegando perbene di cosa stiamo parlando. Il Falso Nueve è una definizione tattica di grande profondità, che apre una finestra sulla nascita e l’affermazione del gioco di posizione. È una locuzione che diventa planetaria con Messi, ma in realtà esiste da molto, molto tempo. Qui, per esempio, c’è una ricostruzione del 2009 di Jonathan Wilson sul Guardian. Si parte da Mathias “Cartavelina” Sindlear, centravanti del Wunderteam austriaco di Hugo Meisl, anni Trenta, praticamente un secolo fa. E si arriva fino a Hidegkuti, Messi, Totti, Tévez. Questa lunga trafila non c’entra nulla con Dries Mertens. Perché oggi Dries Mertens gioca e si comporta come attaccante.
Ecco, appunto: se vogliamo parlare attraverso suggestioni e paragoni, Dries Mertens ha avuto lo stesso iter tattico di Messi. Da calciatore di fantasia, soprattutto esterno, si è spostato verso il centro dell’attacco. Se per Falso Nueve si intende questo allora ok, siamo d’accordo. Ma Falso Nueve è un’altra cosa, Falso Nueve è un modo per descrivere un set di compiti e movimenti che sono lontani da quelli che Dries Mertens, oggi, svolge nel Napoli.
Il concetto di falso nueve viene spiegato in maniera compiuta in un pezzo di bleacherreport: «La filosofia del possesso esasperato che Guardiola ha adottato al Barcellona si sposa perfettamente con le caratteristiche di Leo Messi. L’argentino contribuisce a muovere continuamente i centrali difensivi avversari, facendosi servire in profondità ma anche in zone di campo più arretrate. La sua estrema qualità nel servire i compagni permette agli altri calciatori di inserirsi negli spazi creati dai suoi continui movimenti, una situazione di gioco fondamentale per il progetto tattico dei catalani: conquistare la superiorità numerica nella zona in cui si trova il pallone».
Cosa fa Mertens
Ecco, appunto: Mertens non fa questo. O meglio: Mertens può offrire questa possibilità, ma la sua mission principale è quella del centravanti associativo. Che è un’altra cosa rispetto al Falso Nueve puro, ovvero ciò che avete letto sopra. E che, per dirla breve, identifica un attaccante in grado di operare anche come regista offensivo, come ideatore della manovra d’attacco.
Mertens, invece, è (diventato) un puro finalizzatore. Un calciatore alla ricerca del gol, al più dell’assist vincente. Un giocatore che galleggia, letteralmente, sulla linea della trequarti avversaria e si propone come ricevitore per un passaggio basso, interno o laterale, da trasformare poi in una giocata risolutiva (un assist, una conclusione). Ci sono molti dati oggettivi che spiegano questa dinamica, ve ne proponiamo alcuni.
La heatmap di Mertens in Napoli-Cagliari
Questa è la heatmap di un centravanti diverso, ma non di un Falso Nueve che fa regia offensiva. Mertens staziona soprattutto al limite dell’area, lato sinistro, uno spazio perfetto per convergere e tentare la conclusione col piede forte. Non retrocede sulla trequarti per tenere e giocare il pallone, il Napoli attacca in maniera verticale e comunque soprattutto dal lato sinistro – quello su cui Mertens tende a spostarsi per ricevere il maggior numero di palloni possibili, ovviamente nei piedi. Questo vuol dire lavorare da calciatore associativo. In questo caso, da attaccante associativo. Il Falso Nueve è un calciatore decisamente associativo, ma per definizione non ha un luogo privilegiato in cui muoversi.
C’è poi la statistica pura, che va letta in maniera chiara. In occasione di Napoli-Cagliari, Mertens ha giocato 55 volte la palla. Ha tentato 6 conclusioni e servito 5 passaggi chiave, tra cui l’assist per il gol di Hamsik. Vuol dire che Mertens tira verso la porta una volta ogni undici tocchi, e che crea o costruisce un’occasione da gol ogni cinque tocchi. Come identificare meglio un calciatore “che finalizza”? Ricordiamoci che, a differenza di un centravanti come Icardi (38 tocchi di palla a Benevento), il Napoli è portato a coinvolgere di più la sua unica punta nella costruzione della manovra. Meno del Barcellona, che utilizza appunto un Falso Nueve. Messi, in occasione della partita col Las Palmas, ha toccato il pallone 83 volte.
Numeri estesi
Basterebbe già questo a chiarire le differenze, ma siamo pronti a darvi ulteriori certificazioni. Mertens è un attaccante perché è il quinto calciatore della Serie A per numero di conclusioni tentate (26). Prima di lui Dybala, Immobile, Dzeko e Insigne. Ovvero, due fantasisti con il cruccio del tiro da fuori e i due centravanti veri più in forma del momento.
Ancora: Mertens è un attaccante perché tra i calciatori con più di 17 conclusioni tentate (sono 19 in tutto il campionato) ha la seconda miglior percentuale di precisione (74%, il primo è Icardi che arriva a toccae quota 81%). Mertens è un attaccante perché lui e Milik hanno le due peggiori pass accuracy dell’intera rosa di Sarri (78% e 76%), quindi vuol dire che i loro tentativi di appoggio sono sempre complessi, fatti in zone di campo con molti avversari e con alta probabilità di errore. Messi, Falso Nueve propriamente detto, arriva a quota 83%, con un numero di palloni toccati decisamente più alto. Ed è uno che rischia spesso l’ultimo appoggio.
Conclusioni
Stamattina, riportando un articolo de La Stampa a firma di Gigi Garanzini, avevamo scritto di non essere d’accordo con lui – ma anche di come questo disaccordo fosse una cosa bellissima, perché si parlava di calcio, e anche con una certa competenza e un’amabile pacatezza. La sua visione delle cose consisteva nell’avvicinare i concetti di Mertens a quelli di Guardiola, dello spazio come centravanti e di Mertens come Messi. Ha scritto così: «Sarri ha liberato Mertens nello spazio centrale avanzato, badando bene che né Insigne né Callejon andassero a togliergli l’aria». Non è propriamente così, a nostro modo di vedere e con il supporto dei numeri di sopra. Non è propriamente così perché spesso, anzi spessissimo, Insigne e soprattutto Callejon convergono al centro per affiancarsi a Mertens, per dare un respiro alternativo alla manovra d’attacco.
Comprendiamo, comunque, la necessità di utilizzare delle etichette conosciute per arrivare al maggior numero di lettori e appassionati possibili. Allo stesso modo, però, ci piace parlare di calcio e abbiamo voluto puntualizzare il nostro modo di interpretare e vedere la cosa – e i dati che sorreggono questa nostra tesi. Che poi è anche la tesi di Mertens, ultimamente un po’ insofferente quando gli fanno domande con dentro questa locuzione ormai trita e ritrita, e che non gli appartiene più. Sette gol in sette partite, più di ogni altra cosa, fanno di lui un centravanti a tutti gli effetti. Fortissimo, tra l’altro. Il resto è un bellissimo parlare, perché parlare di calcio così fa solo bene. Apre la mente, il cuore, è divertente. È un gioco, dopotutto.