Il tecnico ha le sue responsabilità, ma non è il solo. Un progetto faraonico che ha bisogno di tempo e di protezione
La logica italiana
Tornare indietro a questa estate, rileggersi giudizi e opinioni sul calciomercato del Milan. Sul posizionamento dei rossoneri tra le grandi della Serie A. Addirittura tra le contendenti per lo scudetto. A fine novembre, Montella salta. Dopo un pareggio col Torino, settimo in campionato con sei vittorie, sei sconfitte e due pareggi. Dopo un ciclo di quattro partite casalinghe con zero gol segnati (il derby, sulla carta, è stato giocato in trasferta).
Secondo la logica italiana, l’esonero si imponeva. Risultati che latitano, gioco non spettacolare, squadra che non gira. Allo stesso modo, però, noi ci chiediamo: ma è proprio tutta colpa di Vincenzo Montella? O meglio: il tecnico esce ridimensionato dalla prima vera e grande occasione della carriera – e su questo non c’è dubbio, perché il Milan non vale il settimo posto a pari punti col Chievo -, ma se oltre alla sua inadeguatezza ci fossero anche grandi colpe da parte della società? Se la “grande” campagna di mercato fosse stata affrettata, esagerata, inutilmente eccessiva e per questo poco coordinata? Se il valore degli acquisti fosse stato ingigantito dalla narrativa della rinascita incombente? E, ancora, se una campagna acquisti del genere meritasse un apprendistato giocoforza più lungo?
Non abbiamo mai pensato che il Milan potesse raggiungere Juventus, Napoli e Roma. Qualcuno l’ha fatto, il tempo ha spiegato e rivelato chi aveva fatto i conti giusti. In questo articolo, ad esempio, spiegavamo come secondo noi solo Donnarumma giocherebbe nel Napoli come titolare. Quindi: mentre il Milan cresceva nell’identità di gioco, con otto-nove-dieci calciatori (o anche undici) da inserire nella formazione titolare – tra l’altro calciatori di ottimo valore, ma nessuna grande stella riconosciuta -, quali grandi risultati erano nelle previsioni? Sì, il Milan ha pareggiato 0-0 in casa con Genoa e Torino. Questi quattro in più, considerando le sconfitte contro tutte le squadre che precedono i rossoneri in classifica, avrebbero cambiato le cose? Torniamo al discorso di sopra. Forse non è colpa dell’allenatore, o almeno non è solo sua.
Il progetto
Oggi è facile schierarsi: Montella capro espiatorio, Montella esonerato troppo tardi. La verità sta nel mezzo, ma noi spostiamo la nostra considerazione un po’ più verso il tecnico. Perché quello rossonero – proprietà nebulosa inclusa – è stato ed è un progetto nato di fretta, costruito sull’ansia della rinascita, un po’ come la prima Inter di Suning. Che poi ha imparato, basta vedere la classifica di oggi. Certo, tra Suning e il rebus Yonghong Li c’è una bella differenza, ma è anche una questione di campo. Quindi, di scelte dirigenziali. Fassone e Mirabelli, soprattutto quest’ultimo, sono fortemente italiani. E uno dei pochi a manifestare dubbi sul progetto è sempre stato Mino Raiola.
L’esonero di Montella è in piena sintonia con la nostra cultura calcistica. È il dipinto di un’idea resultadista, uno spruzzo di realismo mancato, un affresco dell’incapacità di attendere. È il fratello maggiore che rompe un vaso e poi incolpa la sorellina neonata, che magari non cammina e gattona ancora mentre ha già 16 mesi, ma sta facendo il possibile per mettersi in piedi. Tutto questo, quando la mamma si è accorta che il fratello maggiore ci stava giocando, con quel vaso.
Montella stava provando a introdurre un’idea di gioco, esattamente come Spalletti. O Sarri, o Di Francesco. Stava incontrando difficoltà, resistenze, problemi e sfortuna. Ma era un lavoro che richiedeva tempo, avrebbero dovuto saperlo a Casa Milan. Ora Gattuso, che non conosciamo benissimo ma immaginiamo possa portare tanto a livello di retorica rossonera, sangue, sudore, attaccamento. Per carità, tutte cose nobili, ma noi lo diciamo proprio per Ringhio: Seedorf, Inzaghi e Brocchi dovrebbero aver insegnato qualcosa, al mondo. La sua figura è quella del traghettatore, poi si ricomincerà daccapo – a meno di clamorosi exploit. Con un grande nome, probabilmente. Lo scelgano bene, questa volta: servirà uno che non richiede tempo, per incasellare dieci nuovi titolare in un gioco credibile. Un mago, o giù di lì, potrebbe andar bene.