L’arresto delle mogli dei Casalesi e il personaggio di Scianel ripropongono il ruolo femminile nella criminalità organizzata napoletana
Scianel personaggio di “Gomorra”, interpretato da Cristina Donadio
Le donne dei Casalesi
Altre quattro aspiranti “Scianel” sono finite in carcere con l’accusa di aver gestito la cassa dei “Casalesi” durante l’assenza forzata dei mariti. Una è Beatrice sorella di Pasquale, Carmine, Antonio e Michele Zagaria il potentissimo capoclan fresco di macabra celebrazione televisiva non in stile gomorroso eppure esageratamente eccessiva rispetto alle miserie umane che raccontava; le altre tre sono le mogli dei fratelli del boss delle quali taciamo i nomi perché non hanno mai svolto mansioni direttive all’interno del clan e sono rimaste sempre nell’ombra impegnate esclusivamente a prendersi cura degli affiliati e dei loro familiari ai quali garantivano un sostanzioso sostegno materiale. Cassiere, ma, forse, anche meno, semplici postine della camorra.
La stampa nazionale ha dato grande risalto alla notizia degli arresti – la donna di camorra è stata ributtata in prima pagina dalla magistrale interpretazione di una grande attrice come Cristina Donadio – più di quanto abbia fatto quella napoletana non per carenza di zelo professionale ma più semplicemente perché meglio conosce la storia della camorra e ha vissuto l’epopea nera delle Scianel autentiche, dotate di ferocia e capaci di esercitarla al momento opportuno, ma anche di carisma e, almeno in un caso, di un fascino vistoso al quale gli amanti non seppero resistere pagando al piacere un durissimo prezzo.
Pupetta Maresca
Senza scomodare Pupetta Maresca, abbastanza lontana nel tempo e quindi scolorita rispetto all’immagine dei suoi anni ruggenti al fianco di Pascalone ‘e Nola la cui morte vendicò con un omicidio spietato e spettacolare, le storie che ritornano alla mente hanno avuto come protagoniste donne che non avevano nulla da invidiare ai fratelli e/o ai mariti per capacità criminale e autorevolezza del comando.
I due modelli
Molti esempi sarebbero possibili ma due in particolare segnano la differenza tra “vecchia” e “nuova” camorra, quelli di Rosetta Cutolo, sorella di don Raffaele e autentico cervello della Nco e di Erminia Giuliano, meglio come conosciuta come Celeste per via del colore degli occhi, che più ancora aveva il pallino dell’imprenditoria e riuscì a gestire un “marchio” che si giovò nel tempo, grazie anche ad amicizie influenti oltre che compiacenti, una catena di cinquantasei punti di vendita in Italia, ma anche a Tokio, New York, Londra ed altre capitali. Un altro livello, insomma, a confronto con la scialba presenza delle donne del clan dei casalesi che litigavano sullo stipendio mensile loro assegnato dai mariti: volevano di più ma non avevano, come dire, un sindacato di riferimento e i loro uomini erano in tutt’altre faccende affaccendati.
Fidatevi
Rosetta Cutolo, al contrario, era di un’altra pasta, una sorta di sfinge non malata di protagonismo e capace di restare nell’ombra nonostante tutti fossero a conoscenza della sua presenza, con un ruolo decisionale, ai summit di grande camorra. E ad eventi straordinari come la trattativa per la liberazione di Cirillo e l’evasione del fratello dal manicomio giudiziario di Aversa – don Raffaele se ne andò dopo aver mandato in frantumi il muro del carcere con una esplosione – messa in atto pochi minuti dopo che Rosetta aveva lasciato il carcere al termine di un colloquio autorizzato. Quando venne arrestata, fu lei a presentarsi ai carabinieri che non conoscevano il suo volto: sono io Rosetta Cutolo, fidatevi. E loro si fidarono.
Il parrucchiere
“Celeste”, invece, può essere considerata una anticipatrice del modello-Donadio. Ai carabinieri che andarono a prenderla, chiese ed ottenne il favore di convocare la sua parrucchiera personale per una pettinata ai capelli biondo rame. Perché una come lei non poteva presentarsi in carcere, dove era attesa come una star perché la notizia dell’arresto si diffuse in un baleno, con i capelli non perfettamente a posto. Altri tempi, ma a ben vedere, stessa minestra. Le “stese” di camorra e l’attività delle paranze, che oggi sembrano una novità per cui Roberto Saviano e il sindaco de Magistris sono disposti a sfidarsi in un pubblico duello, non è invenzione dei nostri giorni. A Forcella, si può dire, che erano praticate da tempo: il figlio di Celeste Giuliano, Salvatore Cedola detto “polpetta”, era a capo della paranza dei bimbi del suo quartiere. La camorra è sempre la stessa, è Napoli che non riesce a sconfiggerla.