Una lettura calcistica e critica rispetto al possibile arrivo di Verdi: i 25 milioni, le incognite sull’arrivo da Bologna e il suo gioco che “romperebbe” ma integrerebbe il Napoli.
Il concetto di esterno offensivo, oggi
Abbiamo già accennato qui, nell’articolo pubblicato qualche minuto fa sulle strategie di mercato del Napoli, qualche appunto tattico su Simone Verdi. Vi riproponiamo i passaggi che raccontano una parte del suo gioco, in modo da chiarire anche quale sia la distanza con l’altro candidato per il mercato di gennaio, Gerard Deulofeu:
Verdi ha le caratteristiche per essere considerato come il “jolly” assoluto, è utilizzabile anche al centro dell’attacco e gioca indifferentemente con entrambi i piedi. Non è un’ala classicamente detta, ama muoversi dall’esterno lungo tutto il fronte offensivo per poter azionare la sua qualità migliore, ovvero la capacità di calcio. Verdi ha un piede illuminato, anzi due (calcia indifferentemente di destro e di sinistro) per la conclusione, l’assist vincente o il passaggio che avvia l’ultima parte dell’azione (5 assist e altre 28 occasioni create).
Deulofeu ha invece un profilo forse più “standard” ma adattato al tempo moderno, è un esterno offensivo puro, di grande tecnica e velocità, bravo a portare palla sull’esterno come a convergere al centro per cercare di creare superiorità numerica o i presupposti per la conclusione.
In queste due definizioni brevi, c’è la condensazione del concetto di esterno offensivo – modernamente inteso. Se un tempo esisteva la cosiddetta “ala”, ovvero un calciatore deputato a giocare sull’esterno per andare al cross o penetrare in area affrontando i difensori uno contro uno, ora tutto questo non basta più. La qualità di un calciatore che gioca come laterale offensivo deve essere composita, in tutti i sensi. Deve avere capacità di bilanciamento tra fase offensiva e fase difensiva, ma anche possibilità tecniche che gli permettano di diversificare il proprio gioco.
L’evoluzione di un trequartista
La caratteristica fondamentale di Simone Verdi sta nella complessità del suo bagaglio tecnico e nella sua formazione. La sua vetrina migliore prima di Bologna, proprio con Sarri, è stata la doppia stagione ad Empoli. Vissuta come trequartista classico, ovvero interpretando il ruolo di rifinitore alle spalle di due punte. Anche per questo il suo gioco è diverso da quello di Deulofeu, che nasce come uomo di fantasia e viene subito spostato sull’esterno – così come da direttrici moderne del gioco.
Per via di questo sviluppo, il ruolo di esterno di Verdi rappresenta una via alternativa rispetto alle possibilità offerte dal canterano del Barça, ma anche da Callejon e Insigne. Nessuno dei tre ama cucire i reparti spostandosi dalla posizione laterale a quella di regista avanzato e centrale; nessuno dei tre ha un portfolio tecnico così istintivo, che legge il movimento del compagno (33 occasioni create, di cui 5 assist decisivi, nel campionato in corso) ma al tempo stesso si slega completamente da una collocazione predefinita. Questa particolare caratteristica può rappresentare un problema, nell’eventuale riadattamento di Verdi nel sistema di Sarri. Il Napoli è una squadra offensivamente codificata, basata su schemi e azioni e movimenti ripetuti se non fissi. L’imprevedibilità di Verdi può rappresentare un’aggiunta, ma anche una distorsione nei confronti di meccanismi già perfezionati.
Simone Verdi, un po’ di cose belle.
Tiro da fuori
Un’altra perplessità riguarda la tendenza di Verdi ad accentrare su di sé tutte le responsabilità creative. Nel Bologna questo avviene in maniera automatica, quasi naturale, del resto nessun calciatore di Donadoni possiede la sue qualità. Nel Napoli, questo sarebbe impossibile. Perché i compiti di costruzione del gioco offensivo, ad oggi, sono divisi tra Insigne (soprattutto ed Hamsik). E poi perché il livello si alza e si alzano anche le responsabilità tecniche rispetto alla giocata e all’aderenza al sistema di gioco. Verdi vedrebbe ridursi la sua dimensione, da protagonista a ingranaggio necessariamente funzionale. Un passaggio che, in qualche modo, potrebbe limitare la sua libertà primordiale di creare calcio a modo suo.
Tipo, per esempio, col tiro da fuori. Verdi ha segnato 6 gol quest’anno, di cui 3 da fuori area (due col sinistro e uno col destro). Sopra c’è l’animazione del gol all’Inter, alla quinta giornata. È una specie di biglietto da visita di Verdi, per qualità nel calcio e per il modo di intendere il gioco. Un’azione del genere rappresenterebbe un evento di rottura per il Napoli, lontano ma anche potenzialmente integrativo della filosofia e del modo di stare in campo della squadra di Sarri.
Bologna-Inter, il gol di Verdi.
Insomma, Verdi è un calciatore che potrebbe essere davvero utile al Napoli. Per aumentare la qualità nel parco alternative, per variare meglio e di più nel gioco offensivo. Il suo prezzo è alto, stando alle indiscrezioni dovrebbe superare i 20 se non i 25 milioni di euro. Nell’era delle cifre definite folli, eppure pienamente riconosciute nel mercato, sono soldi che ci stanno. Anche perché corrispondono, come nella politica del Napoli, a un ingaggio lontano da quello corrisposto a Insigne, Mertens o Hamsik.
Verdi costa tanto ora perché è gennaio, costa tanto ora perché Coutinho varrebbe più di sei volte il suo cartellino e allora ci sta, soprattutto a 26 anni da compiere a luglio e durante la stagione della sua rivelazione definitiva. Il Napoli, l’abbiamo spiegato qui, può comprare solo rischiando. I soldi per i cartellini, tanti; oppure di perdere dietro a una scommessa che non si può rivelare vincente. Non ci sono molte alternative, Deulofeu a parte. Parleremo anche di lui.