L’allenatore del Milan Gattuso ricorda il mitico Oronzo Pugliese tecnico che con il Foggia sconfisse l’Inter di Herrera e divenne un personaggio del calcio italiano
La memorabile sfida con Herrera
Avviso ai lettori: il discorso che segue è sconsigliato ai più giovani che non lo apprezzerebbero, ma, al contrario, farà sorridere quelli più avanti con gli anni. Veniamo al dunque: Rino Gattuso, da Corigliano Calabro, sembra essere la versione terzomillennio del mitico mago dei poveri Oronzo Pugliese da Turi in provincia di Bari, che negli anni sessanta e, in parte, anche nei settanta, sfidò e sconfisse il mago degli straricchi Helenio Herrrera al termine di una memorabile sfida allo “Zaccheria” di Foggia: 3-2 per i “satanelli” con rete decisiva messa a segno dal napoletano di Secondigliano, Nocera, un bisonte d’area che, però, sapeva dare del tu al pallone.
L’omaggio di Lino Banfi
Roba di mezzo secolo fa che mandò in delirio, tra gli altri, anche Lino Banfi che qualche anno dopo interpretò il ruolo di Oronzo Canà in un film, “L’allenatore nel pallone”, che noi consideriamo d’autore – anche se molti non furono e non sono d’accordo, ma poco importa – tutto rigorosamente ispirato ai comportamenti ruspanti e a volte anche grotteschi tendenti al trash del suo conterraneo. L’allenatore nel pallone, questo il titolo della pellicola che ancora viene gettonato. Anche dai giovani.
Le affinità
Sono tante, abbiamo detto, le affinità tra i due tecnici. Tentiamo di riassumerle: l’istrionismo, la carica agonistica straordinaria non disgiunta dalla competenza tecnica, la capacità di prendersi la platea con battute al limite della sfrontatezza spiritosa e, infine, una profonda integrità comportamentale. Due uomini del Sud, intelligenza con spiccata propensione per la furbizia, votati al lavoro e all’arte di arrangiarsi.
Le differenze
Le diversità tra Oronzo e Rino, però, sono altrettanto evidenti. Una su tutte: il calabrese che sta scalando il successo da allenatore, è stato anche un grandissimo calciatore, colonna del Milan e della Nazionale che vinse il mondiale del 2006, mentre l’altro la pagnotta se l’è guadagnata con il sudore della fatica e la caparbietà di chi, non avendo niente da perdere, sfidò l’impossibile affidandosi a trovate di ogni genere che non gli fecero conquistare grandi traguardi ma gli garantirono una popolarità straordinaria.
Non aveva freni inibitori
In un Roma-Cagliari all’Olimpico – quando lui sedette sulla panchina giallorossa, affiancò sulla corsia di destra il brasiliano Nenè che sullo scatto era irresistibile gridandogli in continuazione «passala a me, passala a me». Voleva impedire che la passasse a Gigi Riva che era ben posizionato e realizzò un bellissimo gol. Oronzo, come Rino, non aveva freni inibitori, ma nessuno ha mai protestato per le sue sortite che avevano il pregio di essere sincere e prive di malizia. Proprio come accade a “Ringhio” che, quando il calcio gli voltò per un attimo le spalle, conquistò i clienti della pescheria di sua proprietà a Gallarate, trattandoli ne più ne meno di come trattava i calciatori delle sue squadre. A pesci in faccia, ma senza rancore.
Come Nereo Rocco
Chiudiamo con Pugliese anche perché Gattuso è in pieno work in progress e può riservare ancora altre sorprese. Dell’uomo di Turi, invece, si può dire che ha lasciato un segno e, per ricordarlo degnamente, ci affidiamo al giudizio di Gianni Brera che lo definì «un mimo furente di certe grottesche rappresentazioni di provincia». Cioè, tanto per scomodare un altro paragone: Oronzo è stato in qualche modo il Nereo Rocco del profondo Sud. «Uno parlava triestino, l’altro barese», disse il figlio di Pugliese. Ma il vino era dello stesso colore: rosso forte e genuino.
Carlo Franco ilnapolista © riproduzione riservata