Era la stagione 1997/98, la peggiore della storia: il Napoli sarebbe retrocesso in Serie B all’ultimo posto, io chiesi a mio padre di cambiare squadra. Poi non lo feci.
Ho rifiutato Juventus, Milan e Inter
Più che il mio giorno all’improvviso vorrei raccontare la mia forza di superare, a soli otto anni, la prima e unica crisi che ha coinvolto la mia storia d’amore con il Napoli. Parto dal mio giorno all’improvviso. Forse banale, comune a tutti, ero un figlio che viene portato quanto prima allo stadio da suo padre. Il mio mi portò al San Paolo prestissimo, quando non avevo compiuto nemmeno due anni. Ma i petardi sparati in curva mi facevano scoppiare in lacrime. Dopo svariati tentativi – e qualche cazziatone di mamma, probabilmente – papà decise di aspettare qualche anno per riportarmi sui gradoni di Fuorigrotta. Da quel momento in poi, fu amore.
L’episodio che, però, oggi più ricordo con il sorriso risale a quando ero in terza elementare (Serie A 1997-’98, per capirci) e in classe ero circondato da piccoli “tifosi” di Juventus, Milan e Inter. Quegli anni bui dei partenopei evidentemente indirizzarono tanti bimbi di Napoli e dintorni verso le strisciate del settentrione. La mia fede azzurra però per quei bambini era motivo di scherno e il Napoli che finì ultimo retrocedendo, come spesso accadeva in quegli anni, non migliorava la situazione. Così, stanco, un giorno andai da mio padre: “Papà posso cambiare squadra?“. “Certo, fai come vuoi”, rispose….
Oggi, dopo venti anni da quel giorno sono ancora qui a correre dietro a gioie, dolori e sogni tinti di azzurro. Ringrazio, prima di ogni partita, chiunque ha dato a quel bambino, quel giorno, all’improvviso, la forza di affrontare le prese in giro pur di non tradire il proprio Napoli. Quel giorno avrei potuto cambiare strada, per fortuna non l’ho fatto. Quello sarà per sempre il mio giorno all’improvviso.