Il nostro sistema tecnico e mediatico vive una profonda carenza culturale, evidenziata ieri sera dagli atteggiamenti dei tesserati della Juventus.
Jonathan Wilson
Sarà difficile dimenticare questa due giorni di Champions League. Abbiamo vissuoa una partita “normale” (Bayern-Siviglia), contrapposta a tre match con risvolti epico-drammatici degni della miglior letteratura e del miglior cinema,. Oppure, più semplicemente, abbiamo vissuto momenti più intensi di ciò che è la vita. Il focus ovviamente non può non essere Real-Juve, per il quale possono co-esistere più livelli di lettura.
Quello “alto” è rappresentato da un giornalista e scrittore di calcio del calibro di Jonathan Wilson, penna di punta del “Guardian”. L’esperto britannico, nella mattinata post-impresa della Roma, a poche ore dunque dalla sfida del Santiago Bernabeu, ha sottolineato prima i meriti di Di Francesco. Poi ha fatto una riflessione di carattere più generale: le grandi squadre, abituate a comodi raccolti domestici contro una massa informe di avversari modesti o proprio scarsi («In which their financial might makes them untouchable…»), non sanno più difendere in ambito Europeo contro squadre di livello con un piano gara adeguato.
Anche in partite teoricamente di altissimo livello, laddove l’equilibrio dovrebbe regnare sovrano, come i match a eliminazione diretta della C. League, goleade, imbarcate e remuntade, prima rarissime, sono oggi diventate fenomeno frequente.
L’Italia
Il livello di lettura “basso” è quello fornito, senza alcun contraddittorio nel salottino Mediaset, dai massimi esponenti del mondo bianconero a fine partita. C’è stata la parziale eccezione di Max Allegri, apparso amareggiato ma con toni assolutamente lievi, rispetto alle affermazioni grevi e gravi di Agnelli e Buffon.
Fortunatamente, anche all’interno del mondo bianconero in senso lato c’è chi mantiene la lucidità («Gigi sull’arbitro? Fatico a comprenderlo. L’andata non c’entra, perché fare tanto riferimento ad un’altra partita? Nel calcio si analizza il momento»: parole di Alex Del Piero), ma ci sono quattro elementi di gravità inaudita da sottolineare:
- Agnelli, La sua presenza mediatica a fine partita in Italia è evento raro, ieri si è scaglia controto la “vanità” di Collina (mai nominato per nome), spalleggiato da Graziano Cesari, storicamente avverso all’ex collega (invidia?). Agnelli che vaneggia di Var da applicare da subito in tutta Europa, ignaro forse del dibattito in corso e delle difficoltà tecniche necessarie per implementare la nuova tecnologia da Andorra a Kiev.
- Buffon, che teorizza l’arbitraggio a geometria variabil. E che definisce l’arbitro “immondizia”, invitandolo a mangiare le patatine (quelle che il portiere sponsorizza?) in tribuna con la famiglia. Sarà sempre uno dei più grandi portieri di tutti i tempi. Ma con questo comportamento lo rende non adatto a ricoprire quelle cariche in seno alla Federazione di cui si parla.
- Chiellini. Che in campo fa un gesto, quello dei soldi, costato ad altri molto caramente.
- Il salotto Mediaset è divenuto quella che lo studioso Walter Quattrociocchi chiama echo chamber. Ovvero uno spazio al cui interno idee e opinioni, sia vere che false, si confermano a vicenda con un meccanismo di rinforzo in cui non vi è spazio di intervento per qualsivoglia parola contraria.