È il giorno di Napoli-Manchester City. È il giorno in cui si decide il nostro futuro in Champions. Non definitivamente, sia chiaro. Resta ancora la sfida a Villarreal. Ma vincere significa togliersi qualche sassolino dalla scarpa contro chi s’affanna a gridare la crisi a gran voce. E questa sì che è una crisi inventata. Vincere significa proiettarsi in avanti per il passaggio del turno. E sperare che questa volta il sorteggio non venga fatto da uno che porta il destino nel nome. Lothar. Vincere significa fare il pieno di fiducia dai propri tifosi e per me significa svegliarmi col sorriso, di buonumore e senza voce.
Insomma, è il giorno di Napoli-Manchester City e lei è presente. C’è e non potrebbe essere altrimenti.
Arriva presto, quando i cancelli sono ancora chiusi e la pioggia la bagna tutta, ma senza lasciare tanta traccia. All’apertura dei cancelli, è accogliente, anche se con scelta limitata di posti a sedere. Poco male, è il giorno di Napoli-Manchester City ed è giusto che sia così. Lei è paziente e sorride a tutti. Tutti si accomodano, più o meno compatti. Più o meno tranquilli. Prima della partita vede anche un piccolo “scambio di opinioni” su un posto centrale che il tizio non vuole lasciare ad uno dei gruppi. Lei sa che ci sono i gruppi e cerca sempre di accontentarli. È un affetto reciproco e il tizio ad un certo punto insiste un po’ troppo. Lei teme di vederne di brutte, ma poi tutto si sgonfia grazie all’intervento di un veterano e di una bella dose di autocontrollo da parte del ragazzo più giovane. Bene. Meglio. Lei non vorrebbe mai trovarsi nel bel mezzo di una rissa e magari essere citata anche sui giornali. Siamo qui per il Napoli. E lei c’è sempre. E bene o male cercano sempre tutti di rispettarla.
È il giorno di Napoli-Manchester City e lei è sempre più bella, con il vestitino della Champions. Non che nelle partite di campionato non sia bella lo stesso, ma gli impegni internazionali lei li sente particolarmente. Freme, si agita, chiacchiera, incita, guarda l’orologio ogni tre minuti, mangia panini, cioccolato, caramelle, chicchirichì. Beve acqua, coca cola, Borghetti in quantità industriale. Fuma. Si guarda intorno. Fa fotografie e filmati, già prima dell’ingresso in campo delle squadre.
Ma è il giorno di Napoli-Manchester City e lei non può solo marcare la presenza. Lei deve farsi sentire come non mai, i ragazzi devono sapere che lei è lì per loro e per vederli lottare e magari, perché no, vincere. E magari, perché no, vederli esultare sotto i suoi occhi felici.
Poco prima del fischio d’inizio, le squadre entrano ed è solo allora che dà il meglio di sé. Tutt’intorno cartoncini azzurri, argentati e una N solcata da sediolini vuoti. Si sente protagonista. È protagonista. A un certo punto si è vista addosso anche gli occhi degli inglesi. I flash dal settore ospiti sembrano addirittura indirizzati su di lei. Impossibile. Questi qui sono abituati a bellezze d’oltremanica. Impossibile.
Inizia la musichetta ed è un boato a chiuderla. In nessuno stadio è possibile ascoltare una cosa del genere. Ma lei ha la fortuna di essere al San Paolo, non uno stadio qualunque. Non uno stadio per tutti. E ne è onorata.
La partita comincia e non poteva immaginare spettacolo più bello. Sotto di lei, una squadra di campioni da milioni di euro che subiscono prima un goal, poi un altro, dopo un regalo fatto da Aronica con la non esultanza, come nel suo stile da bimbo difficile, di Balotelli. Lì ha imprecato e bestemmiato. Lo deve ammettere. Ma ha continuato a sostenere e ad incitare. Mai arrendersi. E glielo canta pure ai ragazzi: “Dai ragazzi, non mollate!”. Applaude quasi commossa allo striscione dedicato alla madre del calcio. E fa presente al genero del calcio che è solo un semplice giocatore di pallone in un campo verde con due reti. Di Maradona ce n’è uno solo e lei lo ha visto. Ah! Se l’ha visto. Non si è persa neanche una partita di Diego. Era più giovane, con un look diverso, ma c’era, inesorabilmente.
E ha sofferto. Ha sofferto tanto gli ultimi dieci minuti, se non più, quando troppo da vicino ha visto il piccolo assalto del Man City alla porta di De Sanctis. Ma il portierone azzurro c’è e il miracolo su super Mario la fa letteralmente arrecreare.
E sul fischio finale, non poteva fare altro che abbracciare, baciare, urlare dalla gioia e piangere. In una parola, emozionarsi.
È una famiglia, è un luogo sicuro ed è una certezza per tutti noi ogni volta che si accendono i riflettori.
È la curva. E nel giorno di Napoli – Manchester City è bella come non mai.
Deborah Divertito