Il manager Bonetto costruisce il Napoli sul centravanti argentino e su Paolo Dal Fiume. In panchina, un tecnico “moderno”. Non andrà benissimo.
Sesta puntata – 1982/83
Acquisti: Capone (Pistoiese), Celestini (Catanzaro), Dal Fiume (Perugia), Diaz (River Plate), Scarnecchia (Roma, novembre), Vagheggi (Lazio, novembre)
Cessioni: Benedetti (Genoa), Caffarelli (Cavese), Capone (Lecce), Damiani (Milan), Guidetti (Verona), Maniero (Modena), Musella (Catanzaro), Palanca (Como), Puzone (Cavese)
Se all’italiano medio chiedi “Cosa ti ricorda l’estate del 1982?” non può che risponderti “L’Italia Campione del Mondo in Spagna!”. Se lo chiedi ad un napoletano ti risponde “L’Italia che vince ai Mondiali e… Ramon Diaz al Napoli!”. Da qui parte il nostro racconto. Dai primi sussurri di acquisti e cessioni degli azzurri, con un fondo di verità pari a 1 su 100, ai primi incerti passi della Nazionale nel girone iniziale (i tre pareggi con Polonia, Camerun e Perù non furono esaltanti), dai resoconti di un mercato più concreto (l’arrivo di Diaz è cosa fatta già a metà giugno) ai caroselli in piazza con le bandiere dell’Italia, dalle voci di una probabile rifondazione del Napoli alle partite a scopone tra Pertini, capo dello Stato, Causio, Bearzot e Zoff sull’aereo, al ritorno dalla Spagna.
Giacomini
Immagini che vanno, immagini che vengono. Le uniche certezze sono che il mercato della squadra partenopea lo fa Giuseppe Bonetto, cuore Toro e padre dei manager italiani, con la supervisione di Franco Janich. I due non hanno più l’ingombrante personalità di Juliano tra i… piedi e riescono ad imporre il nuovo tecnico a Ferlaino. Bonetto, l’affabulatore, convince il presidente che il Napoli del dopo Marchesi deve ripartire da un tecnico della ‘nouvelle vague’. Sceglie Massimo Giacomini, che tanto bene aveva fatto all’Udinese, al Milan e al Torino, un trainer che a Napoli c’entrava come la carne sui maccheroni. Ne apprezzammo la serietà e la compostezza, la scorza apparentemente dura ma l’allenatore friulano non era adatto ad una piazza incandescente come quella napoletana.
Anche Marchesi era un tecnico serio e misurato ma aveva giocato a calcio ad alti livelli, conosceva il pubblico di Napoli, prima da giocatore e poi da allenatore avversario. Ed era pronto a tutto, impermeabile anche alle critiche quando la squadra non girava. Stesso discorso per Ottavio Bianchi, che verrà qualche anno dopo. Il bresciano, oltre ad avere già dimostrato le sue qualità come tecnico, aveva giocato a lungo in serie A e alcuni di questi anni li aveva trascorsi proprio a Napoli. Chi meglio di lui poteva conoscere gli umori della piazza? Insomma Giacomini non era pronto per un grande club, al contrario di quanto affermava Bonetto.
Ramon Diaz in magli azzurra, Napoli in pantaloncini blu
Il manager, però, scomparso tra l’altro l’anno scorso, iniziò col botto la campagna acquisti. La Federazione aveva appena aperto al secondo straniero, ora le squadre di serie A possono avere ben due extracomunitari nella loro rosa. Le società si scatenano alla ricerca del nuovo colpo, del ‘next big thing’, del giocatore che cambierà le sorti della squadra, insieme a quello che già si ha in rosa. È vero, arriveranno grandi campioni, il calcio italiano inizierà ad avere più ‘sex football appeal’, molti vogliono firmare per giocare in serie A ma, attenzione, verranno anche bidoni e meteore clamorose. Roba da film stile Cotequinho e Lino Banfi, avete presente? Si presume che, senza una buona rete di osservatori ed informatori sparsi per il mondo, si rischi il clamoroso flop. Chi prenderà il Napoli? Chi affiancherà a Rudy Krol? Ci chiedevamo tutti.
Bonetto individuò in una punta da 20 gol il giocatore che potesse infiammare il San Paolo. 1Juliano ha preso Krol? Ed io ti prendo il nuovo centravanti della Nazionale argentina, Ramon Diaz. È vero, Kempes, Valdano e Bertoni (caso del destino, anche lui arrivò al Napoli due anni più tardi) erano i titolari indiscussi ma i trascorsi di Diaz nella Under 20 dell’Argentina non lasciavano dubbi a critici e giornalisti. Era lui la novità dell’Albiceleste, il predestinato, colui che con Maradona aveva fatto sfracelli in tutte le nazionali giovanili. Il trono di “re del gol” era suo, senza altro. In questo contesto, alla ricerca della punta titolare a Spagna ’82, nella rosa della sua nazionale, c’era anche lui e giocò nella gara persa per 2 a 1 contro l’Italia.
Sport Sud, lo spieghiamo sotto
Il 15 giugno 1982, due giorni dopo l’inizio dei Mondiali in Spagna, Sport Sud annunciava, trionfale, “Un pò di Napoli al Mundial” e aggiungeva “La prima foto di Diaz con la maglia azzurra” pubblicando un evidente ‘photoshop’ ante litteram, colorato ad arte, con Ramon con la maglia del Napoli. In questo modo il pubblico dei tifosi partenopei fu predisposto già a guardare con interesse, curiosità e simpatia a quella punta che, presumibilmente, avrebbe spaccato le difese delle nazionali sui campi verdi della Spagna.
La faccia da indio, più che un argentino Ramon sembrava un atzeco, un incas, un andino, uno che, quando non giocava a calcio, suonava il flauto con un mantello ricamato addosso. Si dice che, per familiarizzare con la sua nuova città, si sia portato in ritiro una serie di cartoline di Napoli e dischi di canzoni napoletane. Il Mondiale per lui non fu fortunato ma Ferlaino, qualche mese prima, aveva ascoltato il suggerimento di Omar Sivori che ne aveva caldeggiato l’acquisto. Poi ne aveva parlato con Bonetto e quest’ultimo, certo di rinnovare la tradizione dei grandi centravanti come Jeppson, Vinicio e Altafini, lo acquista con un autentico blitz prendendo tutti di anticipo. Il ‘puntero triste’ era, dunque, pronto per dare ai napoletani il meglio di se stesso, a promettere gol a grappoli (per la cronaca ne segnò 3 in tutto il campionato).
La “prima foto in maglia azzurra”
Nel suo curriculum figurava già la vittoria del Mundial juniores con l’Argentina dove fu capocannoniere con 8 reti in 6 partite. Pupillo di Menotti, giocatore veloce, sgusciante, Diaz preferisce l’agilità alla forza fisica. Dotato di buon tiro, potente e preciso, sa smarcarsi e penetrare nelle difese avversarie con facilità. Ha un innato senso del gol e, se a volte sembra estraniarsi dal gioco, trova sempre la zampata vincente. Il suo arrivo va a rimpiazzare la partenza di due punte e… mezza. Damiani, Palanca e Musella vanno a giocare in altre piazze mentre Pellegrini aspetta il nuovo partner argentino.
Ovviamente il mercato del Napoli non poteva fermarsi al solo centravanti argentino. Il gioco del rimpiazzo non è finito, adesso tocca al centrocampo. Anche qui Bonetto si trova scoperto, ha dovuto dar via un deludente Benedetti ed un logoro Guidetti per fare un po’ di ‘cassa’. Il manager punta le sue attenzioni su un giocatore di sostanza e quantità, uno che è il mix perfetto dei due che sono andati via, Paolo Dal Fiume. Dotato di un buon tiro, un ‘sudatore’ di maglia, un combattente, il nuovo incontrista arriva dal Perugia ma da solo non potrà risolvere i problemi che ha il Napoli in mezzo al campo. Dopo l’acquisto del mediano, Bonetto inizia a fare un po’ di conti e vede che nelle casse non ci sono poi tanti milioni da spendere.
Dal Fiume
Tenta e ritenta altri acquisti, vuole puntellare tutti i reparti ma, dopo i ritorni dai prestiti di Capone (poi rivenduto al Lecce nella sessione autunnale) e Celestini, al Napoli non arriverà più nessuno. Mercato molto deludente, forse il più povero e spartano della storia della società azzurra. Si dovrà attendere la riparazione di novembre per arruolare Vagheggi e Scarnecchia che spesso andranno a sostituire, a gara in corsa, uno spaesato Diaz. Ma, come si dice a Napoli, quando arrivano le due ali dalle squadre romane, il “morto era già in mezzo alla casa”. Squadra ultima in classifica, team affidato a Pesaola e Rambone, Giacomini viene fatto accomodare alla porta. Fortunatamente il morto scoperchiò la bara ed iniziò a camminare da solo con il cuore, con la sagacia tecnica di un volpone come il ‘Petisso’, con la spinta di un pubblico innamorato e con i… rigori di Ferrario.
Intanto, tornando un pò indietro, a quel famoso luglio del 1982, il “volemose bene” degli italiani fece sì che tutti celebrassero la propria nazionale Campione del Mondo. Felici e contenti, felici e vincenti. Quell’estate, però, i napoletani, presi dall’euforia dei festeggiamenti, non sapevano ancora che da lì a poco non avrebbero avuto le soddisfazioni promesse ed attese. Anzi, avrebbero pianto lacrime amare. Prima di una sospirata salvezza. E prima ancora che Ramon Diaz diventasse giocatore vero con le maglie di Fiorentina ed Inter e rischiasse di tornare a Napoli proprio nell’anno dell’acquisto del “Pibe de oro”. Che coppia sarebbe stata, mamma mia!
Costanzo Celestini