La protesta nei confronti di certe uscite di De Laurentiis è legittima, ma ora è il momento di fare quadrato, non di offrire il fianco ai tanti avversari (in campo e fuori)
Non è la solita filastrocca
Mi piace partire dai ricordi per spiegare il presente, in fondo il presente non è altro che la somma di ricordi evoluti in certezze. Mi piace partire da quella sensazione di vuoto, di abbandono, di silenzio e incredulità. Il Napoli non esiste più, quel Napoli che è “Anema ‘e sta città” non esisteva più e tutto sembrava incredibilmente insensato. Parto da lì ma non per spararvi la solita filastrocca dei palloni e delle maglie che francamente ha stufato anche me, ma per riportarvi allo stomaco quel cazzotto che è indelebile e dal quale siamo ripartiti tutti, da Gela al “sogno nel cuore” strappatoci in una notte di Milano ma che custodiamo in silenzio ancora dentro di noi.
Certe boutade da osteria sono fuori luogo
È vero, certe parole sono fuori luogo, certe boutade da osteria non possono appartenere ad un presidente, certe crociate uno contro tutti sono francamente antipatiche ma cosa c’è negli slogan del nostro tifo ad imperversare da sempre? La maglia e l’ideale, la passione e l’amore per quella divisa che mai si è scostata dalla nostra pelle nemmeno quando ballavamo tra il fallimento e la sparizione, tra l’oblio e la mortificazione. Chi c’era e c’è, non può dimenticarlo. Chi c’era e c’è, non può cancellare una sintonia che fino a pochi mesi fa era un corpo che spingeva Diawara a fare il fenomeno al novantaquattresimo e Tonelli a salire in cielo a buttarla dentro.
Cosa è cambiato?
Cosa è cambiato? Un mercato poco pirotecnico? In parte siamo d’accordo, anche io volevo un’altra punta per stare più sereno, ma in fin dei conti quasi tutti sono rimasti qui e un motivo deve pur esserci; ci credono, ci tengono, si sentono parte di un mondo che da altre parti evidentemente non c’è. L’esordio al San Paolo della nuova era, quella ancelottiana, non può lasciare il segno per una contestazione opinabile ma rispettabile, che macchierebbe una giornata in cui il popolo dovrebbe abbracciare la sua squadra, dovrebbe battezzarla e stringersi con rabbia per quanto scippato l’anno scorso, e con determinazione per provare di nuovo a volare fino a maggio.
Napoli è incapace di capire i momenti per mostrare insofferenza
Non bastano certi giornali, taluni opinionisti a trattarci come se fossimo diventati una squadretta qualunque? Quando fino a tre mesi fa arrivavamo a novantuno punti e il mondo si dimenticava dei campioni d’Italia per applaudirci? Il problema della nostra città è l’urlo inopportuno, l’incapacità di capire i momenti per mostrare l’insofferenza. In questo clima surreale italico, dove vige la regola della condivisione senza consapevolezza, della corsa alla ribellione social, servono calma e furbizia. Contestare il presidente è legittimo ma farlo ora è da autolesionisti, farlo a fine anno avrebbe più senso.
Quale alternativa a De Laurentiis?
Nessuno investe più nel calcio con le proprie forze, tra cordate, sceicchi, fondi e prestanomi, è un business che poco ha a che vedere con quel pallone romantico dei Viola e dei Moratti. Il calcio è cambiato, piaccia o meno De Laurentiis lo ha capito prima degli altri. Quale alternativa, se non lui, in questo momento potrebbe darci garanzie migliori? Sabato arriveranno Higuain e Reina e il Milan che ci tolse due punti fondamentali nella scorsa stagione. Sabato ci sarà la prima in casa e deve essere un incessante coro dal primo all’ultimo per dire all’Italia dei soloni, delle balie di Ronaldo, dall’inchiostro che macchia sempre le stesse pagine, che Napoli c’è ed è sempre e comunque con la squadra. Mi piace partire dai ricordi per spiegare il presente, in fondo il presente non è altro che la somma di ricordi evoluti in certezze. La certezza del Napoli calcio è sempre stata e sempre sarà il suo meraviglioso pubblico.