Come sto? Non lo so mica, come sto. Ci sto pensando da ieri a come sto. Prima mio figlio mi ha chiesto se domani gioca il Napoli. “Sì, domani gioca il Napoli”, gli ho risposto. E mi sono sentita un’approssimativa e anche un po’ bugiarda. Perché come fai a spiegarglielo, a un bambino di cinque anni, che partita si gioca il Napoli domani? Come fai a dirgli che tu una volta sola sei stata ad un passo da un traguardo così, ma avevi solo diciotto anni e l’incoscienza dei ragazzi? E come fai a spiegarglielo, che questa partita se la ricorderà anche lui per sempre, pur non avendo la consapevolezza di starla vivendo insieme a te? Già. Come sto? Ci ho scritto un libro, su come sto. E a questo pensavo ieri, durante la presentazione da Mondadori. Seduta accanto a Mimmo Carratelli, mi sentivo a casa mia. Mentre Agata parlava, io pensavo a come eravamo arrivati lì, al nostro libro. A quel 15 maggio, per esempio, quando tutto è diventato realtà. A quando correggevo la bozza tra un bagno nel mare del Cilento e un’ora di riposo dopo pranzo, a quando ho inviato la stesura definitiva ed ho iniziato a contare i giorni. Alle telefonate all’editore, alle mail a Carratelli: facciamolo uscire prima che inizia la Champions, che non si sa come va a finire, visto il girone che ci è capitato. A quel 14 settembre e a me inginocchiata in salotto commossa dall’1-1. A quanto diamine è stato bello quel pareggio per me che, come Tony Pisapia, “nella vita non esiste il pareggio”. A quando tutti abbiamo pensato “si può fare” e a quando il “si può fare” è diventato “ci siamo”.
Ecco, come fare a spiegare come sto? Sto come state tutti voi. Proiettata a domani da giorni che ormai non so più come contare mentre conto le ore e persino i minuti. Pronta a una giornata completamente vissuta nell’attesa, com’è stata quella di oggi. Concentrata sul pub dove ancora una volta vivrò in collettiva uno stato d’animo, perché qualsiasi cosa accada, domani, non si potrà stare da soli. Come sto? Tremo, se penso a come sto. È che paradossalmente non vorrei finisse mai questa attesa, anche se ho una curiosità folle di vedere come andrà a finire. Non vedo l’ora di tornare a casa domani notte, di sentirmi addosso come starò, appunto. Perché l’ho scritto nel libro: è stato il nostro pranzo di gala, fin qui, ci siamo seduti, abbiamo mangiato, ci siamo puliti la bocca come dei signori, abbiamo affilato le papille gustative, ci siamo goduti tutto, dal buon vino all’ultima delle portate. Abbiamo bevuto pure un sacco di acqua, senza imbarcarne mai. Ecco, come sto. Navigo. In un mare bellissimo, come solo il mare azzurro-blu a volte può essere. Increspato da mille stati d’animo e da mille malinconie, dallo stupore, dalla meraviglia, da una spasmodica attesa della campanella della fine. Il fischio dell’arbitro. Quel fischio domani ci smorzerà il respiro prima e chissà cosa ci farà poi. Io muoio dalla voglia di sapere come andrà a finire. Ecco come sto.
Sto così. Sto qui. Incredibilmente qui. È la storia, tutta da raccontare, non fosse altro che domani. È la voglia di sovvertire tutti i riti pur provando a rispettarli tutti. È voler tenere accanto solo poche cose, come dovessi riempire una valigia senza partire per Londra. Come sto? Me lo spiega Tony Pagoda, su Facebook, come sto. Perché, mentre scrivo, nella mia homepage compare il suo status: “Nella vita ho avuto momenti di assoluta chiarezza. Quando per pochi, brevi secondi, il silenzio soffoca il rumore e provo un’emozione invece di pensare. E le cose sembrano così nitide. E il mondo sembra così nuovo. E’ come se tutto fosse appena iniziato. Non riesco a far durare questi momenti, io mi ci aggrappo, ma come tutto svaniscono. Ho vissuto la vita per quei momenti”. Ecco, quando si sveglia mio figlio, domattina, proverò a raccontargli con queste parole, come sto. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia